Le porte di Gerusalemme. Uscito il n. 1 di Solidarietà internazionale

È uscito il n. 1-2018 della rivista Solidarietà internazionale. In questo numero… La Copertina: Le porte di Gerusalemme – Dossier Banning Poverty: Le grandi sfide della vita…

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 Editoriale – Il metabolismo del gatto

Bisognerebbe chiedersi, ogni tanto, che fine ha fatto la nostra umanità. I poveri, appunto, gli svantaggiati, chi ha bisogno divengono un peso per la società anche perché, in nome della solidità dei bilanci, lo stato sociale è andato sempre più restringendosi. 11 milioni di nostri concittadini non si curano più. Poco importa se fuori c’è la neve e qualche senza tetto sta per morire assiderato; non è così rilevante se la forbice sociale tra ricchi e poverissimi si sta mostruosamente ingrandendo; ormai è abitudine sentire di migranti affogati nel Mediterraneo. Restiamo umani!

 

La copertina – Le porte di Gerusalemme

A cura di Luisa Morgantini

La decisione di spostare a Gerusalemme l’ambasciata americana, presa da Trump, ha aggravato la situazione già drammatica della Palestina. I coloni attaccano i palestinesi, invadono i loro villaggi e ne distruggono le coltivazioni. Dal giorno della dichiarazione di Trump sono stati ammazzati 19 palestinesi; centinaia i feriti e più di mille gli arrestati, quasi tutti giovanissimi in particolare quelli che partecipano alla resistenza popolare nonviolenta. Nei nostri media sembra che siano i palestinesi a rubare terra, acqua e risorse agli israeliani. Gli israeliani minacciano militarmente, da ormai più di cinquant’anni, il popolo palestinese. Saremo in grado di far giocare all’Europa e all’Onu un ruolo di mediazione che affermi il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, e conduca alla fine dell’occupazione e della colonizzazione della Palestina? Di seguito le voci di palestinesi e Israeliani.

  1. Il punto: il mondo alla rovescia, di L. Morgantini. Per Trump e Nethanyau, tronfi e soddisfatti, questa era l’unica decisione sensata da prendere per calmare le acque. Peccato però che l’unico meccanismo che hanno innescato ha una matrice vendicativa: i giovani palestinesi oggi, ancora più di ieri, si sentono frustrati e indignati. Vedono nella lotta amata l’unica soluzione “di pace”.
  2. Il futuro della causa palestinese dopo la decisione di Trump, di J. Zakout. Convinto di poter vincere la sfida finale secondo la sua strategia, il governo israeliano sta per varare la cosiddetta “legge della Gerusalemme unificata” che permetterebbe di costruire un milione di nuove unità coloniali in Cisgiordania e, di queste, 300 mila solo a Gerusalemme.3
  3. C’è un altro Israele, di M. Warschawski. Speriamo che l’umanità che sta animando parte della società israeliana illumini la loro coscienza anche sull’ingiustizia subita dai palestinesi, vittime della nostra occupazione coloniale. Forse è di nuovo possibile sognare una rinascita del movimento contro l’occupazione e la politica di guerra. Da qualche settimana pare proprio essere un’eventualità realizzabile. InshaAllah.
  4. La strategia della pianificazione israeliana in Palestina, di A. Hithnawki e A. El-Atrash. Di fronte alla dichiarazione di Nethanyau di espellere migliaia di israeliani originari dell’Africa, centinaia di suoi concittadini, di tutte le classi sociali, sono scesi in piazza per protestare, compresi importanti giornalisti della stampa quotidiana. Molti dirigenti scolastici hanno avviato una petizione diretta al Ministro della Pubblica Istruzione: “Educhiamo i nostri studenti al “mai più orrori”.
  5. L’istruzione nei 50 anni di occupazione, di K. Khayyat Dajani. In Israele, il principio secondo cui l’istruzione dovrebbe essere diritto di chiunque, non piace molto. Migliaia di studenti palestinesi hanno grosse difficoltà ad accedere al sistema universitario: i problemi non derivano solo dalla burocrazia, ma addirittura dal divieto di accesso in alcune aule. È il caso dell’università di Al Quds, a Gerusalemme Est.

 

Banning poverty 2018 – Le grandi sfide della vita

A cura di Riccardo Petrella

“Ho la sensazione che l’opinione pubblica abbia preso coscienza di tre limiti fondamentali all’esistenza della vita sul pianeta Terra e quindi alla sua perennità. Mi riferisco ai seguenti: 1. Il limite della guerra: armi nucleari, armi chimiche e batteriologiche hanno messo in evidenza che la guerra è diventata un non senso, non esistono più vincitori né vinti; 2. Il limite delle ineguaglianze: alcune decine di persone al mondo posseggono a titolo personale più ricchezza monetaria di quella disponibile per la metà della popolazione più povera al mondo (circa 3,6 miliardi di esseri umani); 3. Il limite della non-rigenerazione: dopo quasi due secoli di industrializzazione annientatrice delle risorse del pianeta, la grande ideologia della «crescita economica» ha inceppato seriamente la rigenerazione del capitale biotico di terra e acqua del pianeta.”

LE RUBRICHE DI SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE:

Armi ai sauditi: la Germania dice no. E l’Italia?, di Giorgio Beretta

Il Governo federale tedesco, con effetto immediato, non esporterà più armi ai paesi che sono coinvolti nel conflitto in Yemen. È scritto nel documento programmatico della Große Koalition, la nuova formazione di governo risultata dall’accordo tra Cdu e Csu. Il viceministro degli Esteri Mario Giro ha lasciato intendere che questa decisione interesserà, in qualche modo, anche l’Italia perché l’impresa che produce le bombe, pur essendo italiana, è di proprietà tedesca.

I rabbini e le donne, di Giancarla Codrignani

Il governo Netanyahu intendeva nominare una donna al vertice dell’aeronautica. I rabbini si sono opposti con gesti da patriarchi: “Gli uomini sani verrebbero distratti e contaminati dalla presenza delle donne nelle loro unità”. La tradizione storica dell’inferiorità della donna torna alle origini: la sua sottomissione deriva dall’impurità. L’impurità deriva dal peccato originale di cui si è macchiata, suo malgrado, appena nata.

Primo: cancellare il Fiscal Compact, di Roberto Musacchio

Il Fiscal Compact è stato varato ormai cinque anni fa, come Trattato intergovernativo in aperto contrasto con le regole comunitarie. Voluto per trasformare la crisi finanziaria causata dal sistema delle banche, nell’occasione di una ulteriore stretta sociale. Il Fiscal Compact impone una camicia di forza che rappresenta la fine di ogni possibile alternativa economica e politica. Cancellarlo è un obiettivo giusto e possibile.

La fatica di stare sul confine, di Brunetto Salvarani

La storia del confine è un continuo movimento tra isolamento e relazione, separazione e condivisione. Gli statici dividono il mondo tra “noi” e “loro”, tra chi vive da questa e chi dall’altra parte della barricata. La storia ne ha conosciuto infinite versioni, tipo quella coloniale: i confini geografici e culturali venivano scritti e cancellati dalle mappe militari senza curarsi minimamente dei popoli che ne avrebbero dovuto soffrire l’instabilità. E ancora oggi ne pagano le conseguenze.

 

GIRO DI RADAR:

Niger. I migranti lievito di rivoluzione, di Eugenio Melandri

Le piazze nigerine sono infuocate da scontri tra forze governative e società civile. Sono molteplici le “missioni” militari momentaneamente presenti, così come variegati sono gli interessi in gioco. L’Unione europea ha stanziato per il paese 50 milioni di euro che, insieme ai 50 messi a disposizione qualche settimana fa, raggiunge la cifra di 100 milioni. Gli Usa hanno dichiarato di voler sostenere il contingente con 60 milioni di dollari più 50 milioni per le “varie ed eventuali”. Dal canto suo, la Francia partecipa con 70 vetture tattiche, materiale per le trasmissioni e protettivo, per un valore di circa 8 milioni di euro. L’Arabia Saudita ha promesso ben 100 milioni di dollari, mentre gli Usa sosteranno il contingente con sessanta milioni di dollari.

RDC. Si spara sulla gente, di Jean Damas Bwiza

Kinshasa è stata teatro di una atroce repressione di cattolici e altri cittadini che, in marcia pacifica, cantavano e pregavano con la Bibbia in mano. L’esercito sparava ad altezza uomo e lanciava gas lacrimogeni anche dentro le chiese. Ma come si è giunti ad un tale livello di violenza e intolleranza? Una domanda che forse il presidente congolese Joseph Kabila non si è posto. L’importante è continuare a comandare, e reprimere.

Terremoto ad Amatrice. Il tempo della disillusione, di Eleonora Pochi.

La ricostruzione non è partita e la scuola è iniziata anche quest’anno nei container. Sono poche le macerie rimosse. In un contesto post-catastrofe che rende il ritorno alla normalità ancor più lento e faticoso. Case: solo il 58.35% delle richieste è stato soddisfatto ad un anno e mezzo dal primo sisma. I superstiti hanno sviluppato un’alta resilienza e resistenza durante i mesi passati, facendosi coraggio tra scosse, neve e paura.

Colombia. Oro illegale, di Erberto Zani

La cocaina non tira più in Colombia. Almeno non come prima. Da quando la coltivazione e la produzione massiccia di droga si è spostata in Perù, è la terra a scatenare interessi economici e violenza. Oggi l’oro, che vale 32 euro al grammo, ha dato il via ad una fratricida e barbara caccia al tesoro. Johan, giovane minatore, ci racconta di come l’estrazione ed il commercio aureo abbiano innescato un meccanismo di schiavitù, violenze, illegalità, usurpazione dei terreni e scontri mortali tra i signori dell’oro colombiano.

Panama. Bella e opaca come un paradiso, di Niccolò Rinaldi

Lo facevamo già quando eravamo bambini. Associavamo la parola “Panama” ad una realtà colorata e opulenta, scintillante, festosa, piena di uomini col sigaro e belle donne sulla barca. Pure oggi tendiamo a fare le stesse associazioni, ma le insaporiamo con la parola “Papers”, i documenti di cui si è parlato tanto qualche tempo fa. Ricchezza e illegalità, due facce della stessa medaglia, elementi interdipendenti. Scopriamo un’isola che non è solo quello che vogliono mostrarci.

Bill Gates e gli obiettivi del millennio, di Nicoletta Teodosi

L’Europa, e in particolare l’Italia, mostra come il tasso di povertà stia aumentando con costanza e gradualmente, tanto da allargare a dismisura la forbice sociale tra i ricchissimi e i poverissimi. “No poverty” è l’Obiettivo Sostenibile numero uno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ecco, partiamo da quello e concentriamoci nel realizzarlo (almeno quello!). Come? Facendo Sistema. L’unione fa la forza, ce lo hanno insegnato bene i nostri genitori. Bisogna che gli Stati, i Governi, le Organizzazioni Internazionali si pongano come scudo protettivo in favore dei cittadini, anzi, delle persone. Mettere da parte gli interessi personali, calmare la sete di potere e… fare Sistema.

Francesco si schiera con i popoli indigeni, di Cristiano Morsolin

Il Papa è stato catapultato a Puerto Maldonado, piccola cittadina dell’Amazzonia, un luogo dominato da un’infinita distesa di foresta pluviale che lascia poco spazio agli insediamenti umani. Eppure, proprio lì, Francesco ha deciso di incontrare 4.000 rappresentanti di comunità indigene autoctone, la cui esistenza è messa in pericolo dal vorticoso e illegale mercato nero dell’oro. L’Amazzonia, riserva culturale e di vita, deve essere preservata di fronte ai nuovi imperialismi. Il Pontefice ha dichiarato: “Ci è chiesta una speciale cura per non lasciarci catturare da colonialismi ideologici mascherati da progresso che, a poco a poco, rischiano di dilapidare le identità culturali”.

Manca una risposta al dramma dei minori, di Giulia Cerqueti

Il fenomeno dell’immigrazione è e deve restare un affare europeo. L’Italia non deve essere lasciata sola nel gestire gli sbarchi e l’accoglienza. Massimo Toschi, operante presso l’Agenzia europea dei diritti fondamentali, ci racconta storie di migranti e ci aiuta a capire meglio come funziona il sistema degli Hot Spot. Quelli di Taranto, Lampedusa, Trapani e Pozzallo sono avviati e operativi, mentre quello di Messina è stato aperto da poco. Pensati come luoghi di transito, gli Hot Spot non dovrebbero accogliere persone per troppo tempo; le strutture non sono adeguate a soddisfare certi bisogni. I minori non accompagnati rappresentano la categoria più fragile e a rischio.

Camerun. Cosa può cambiare un pozzo, di Jean Paul Amadou Zigaou

Jean Paul, membro della Ong camerunese AMT/WAFA, ci racconta del progetto “Acqua fonte di Vita”, finanziato dalla Chiesa Valdese e ideato con la collaborazione del CIPSI. Si tratta di un progetto lungimirante e di ampia portata: faciliterà l’accesso all’acqua per uso alimentare e domestico, ma sarà utile anche per l’irrigazione dei campi e il sostentamento del bestiame, compensando la scarsità di precipitazioni. Il pozzo permetterà la nascita di campi coltivabili in una zona che, nella stagione secca, diventa assai arida. Si tratta del villaggio di Mogong, in Camerun.

Senegal. Il coraggio di restare, di Giada Cicognola

“Non partite, l’Europa non è l’El Dorado! Insieme possiamo costruire qualcosa di duraturo qui, in Senegal”. Così, Ibrahima Gueye, 55 anni, si rivolge ai coetanei e i giovani suoi connazionali desiderosi di partire alla volta dell’Europa. Ibrahima racconta a Giada, volontaria del CIPSI in Servizio Civile a Pikine Est (Dakar), di quanto il progetto PONTI stia aiutando i locali a trovare il coraggio di rimanere nella propria terra, favorendo piccole attività imprenditoriali utili a creare posti di lavoro e rimettere in moto l’economia del luogo.

AOI – La centralità della Cooperazione Internazionale è a rischio, di Silvia Stilli. Il 24 e 25 gennaio scorsi si è tenuta a Roma la Conferenza Nazionale della Cooperazione Internazionale che, pur nel suo programma ricco di contributi e interventi sulle sfide per lo Sviluppo Sostenibile, non ha affrontato veramente il tema centrale del ruolo (e del futuro) della nostra cooperazione internazionale in tempi di guerra e povertà. Tramite gli accordi con Europa e Libia per il contenimento dei flussi migratori nel Mediterraneo, il Ministro degli Interni Marco Minniti ha di fatto aperto la strada ad un luogo di “diplomazia parallela”, che scavalca il MAECI e gli toglie la funzione istituzionale di regista e titolare. Un duro colpo. Un cambio di marcia che trova la sua giustificazione in un’idea di “sicurezza nazionale” che prescinde dalla lettura delle vere cause di una globalizzazione tutta economica e di interessi, che genera povertà, guerra e insicurezza per tutti.

 A TU PER TU con Marguerite Lottin – Dentro l’anima dell’Africa,  di Nicola Perrone e Giulia Segna.

“L’Africa ha un’anima bella, fiera e dignitosa, non ha bisogno di ricevere l’elemosina. La colpa non è certo dei donatori che, anzi, in Italia sembrano essere numerosi e generosi. Ma le pubblicità di alcune Ong, anche famose, propinano immagini strazianti e colpiscono al cuore del pubblico suscitando tenerezza. Questo non fa bene all’Africa. Credo sia arrivato il momento di ribellarci, come africani, a questa tipologia di aiuti-elemosina, rivendicando la nostra dignità di popolo. É il tempo giusto per alzare la testa”, così Marguerite Lottin, fondatrice dell’Associazione interculturale Griot. In un’intervista, ci spiega come pensa di migliorare il sistema di integrazione linguistica e culturale degli immigrati.

 E ancora: le segnalazioni e la bacheca con eventi, appuntamenti e consigli editoriali a cura di Anna Tatananni.

  

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La Campagna Dichiariamo Illegale la Povertà DIP – insieme all’Università del Bene Comune e alla rivista Solidarietà internazionale del Cipsi – ha pubblicato un libretto monografico contenente i post e i commenti apparsi sul sito della campagna Banning Poverty durante gli ultimi tre anni, a cura di Riccardo Petrella (www.banningpoverty.org). In sintesi appunti, analisi, riflessioni sulla lotta alla povertà dal 2014 al 2017. Il libretto è un argomentario a favore della lotta dei cittadini contro il furto della vita che è rappresentato dall’impoverimento.

Fino a non molto tempo fa la povertà era considerata come una malattia sociale naturale: ci sono sempre stati i poveri, ci sono i poveri e ci saranno sempre i poveri. In linea con questa credenza, la sola politica possibile, realista, era quella del soccorso, della carità, dell’aiuto a curarsi dalle conseguenze più deleterie e a «guarire» se possibile. Invece noi dell’iniziativa “Dichiariamo Illegale la povertà” DIP – Banning Poverty 2018, crediamo che sia necessario rimuovere le cause strutturali della povertà (www.banningpoverty.org). Vi invitiamo a ordinare copie del libretto!

Chi desidera ordinarne copie scriva a cipsi@cipsi.it

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Source: Cipsi

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