Una società senza anticorpi

L’editoriale del n. 1 2020 di Solidarietà internazionale.

Cerchiamo di
essere obiettivi: qualcuno pensava veramente che in un Paese come l’Italia,
dove il turismo rappresenta il 13% del PIL Nazionale, con oltre 4,2 milioni di
persone occupate. Dove la quasi totalità degli abitanti viaggia da una regione
all’altra e più della metà in molti Paesi esteri. Dove l’attività industriale e
commerciale è fortemente vincolata alla Cina e non solo, si potesse evitare
qualsiasi contatto con il Coronavirus? Non ci credo.

Eppure, in
soli due giorni, tutto è cambiato e siamo precipitati nel caos più completo.
Non sono più gli africani o i cinesi a spaventarci, ma i veneti e i lombardi! Gli
italiani sono diventati “pericolosi”. Trasmissioni no stop, Tg, articoli a
valanga, spesso con informazioni e notizie superficiali e allarmistiche.
Dimentichiamo, però, che la velocità con cui il virus si sposta oggi da una
parte all’altra del mondo è solamente figlia del nostro modello di sviluppo,
della globalizzazione, dei nostri interessi e desideri. Abbiamo costruito noi,
questo modello, questi strumenti, questo ambiente che spesso genera anche
contesti per virus e malattie nuove.

Perché un
virus, molto contagioso ma poco letale, che come ci ripete la scienza non
attacca la vita della persona, ma cerca essenzialmente di riprodursi, è
riuscito a farci cadere nel panico? Probabilmente perchè siamo senza
“anticorpi” per combatterlo. Subiamo la sconfitta del nostro egoismo, della
nostra centralità, dei nostri interessi.

Il Coronavirus
sta mettendo a nudo tutte le nostre incapacità di convivere, di cooperare per
contrastare i problemi e trovare le soluzioni, di darci la mano per costruire
una vita migliore per tutti. Sta mettendo a nudo la litigiosità e
conflittualità palese della politica, delle autorità civili e sociali, anche della
Chiesa e dei cittadini, riconducendoci tutti a semplici numeri, cancellando la
nostra identità di “persone”, nate con la stessa dignità e gli stessi diritti.

La recessione
spaventa. I senza tetto non contano. Le mense vengono chiuse perché pericolose.
Forse morire di fame o di freddo è meno significativo che morire di
Coronavirus! Stiamo distruggendo nel menefreghismo e nel silenzio generale,
politico e sociale, l’unico ambiente in cui dobbiamo vivere tutti, forse perché
ancora non è entrato nel nostro corpo o lo riteniamo problema ancora molto lontano.
Abbiamo spezzato le relazioni umane, distruggendo valori, diritti e doveri,
anteponendo l’interesse personale alla comunità. Abbiamo avvelenato la vita
sociale trasformandola in un conflitto dilagante di tutti contro tutti,
annullando ogni riferimento educativo, politico e sociale. I genitori non
dialogano più tra loro; non hanno più tempo per parlare con i figli per giocare
con loro, per accompagnarli nella loro crescita. Politici e giornalisti
alimentano la paura e il conflitto, tra interessi, disinformazione e mala
informazione. Iniziamo a cercare la verità e a conoscere la realtà come è, non
come ce la raccontano politici e giornalisti. Iniziamo a non farci più prendere
in giro. Forse potrebbe essere utile staccare la spina delle televisioni e dei social
per guardarci attorno con i nostri occhi e con il nostro cuore. Forse vedremmo
immagini diverse e scenari nuovi.

Siamo
diventati dei “virus” che vogliono avere ed ottenere di più. Non perchè
vogliamo uccidere gli altri, ma semplicemente perché pensiamo solamente a noi.
Prima noi. È la strada del più forte che domina, cresce, si arricchisce.

Ora, è però
tempo di scegliere. Di svegliarci. Di liberarci dalle chiacchiere e dagli
infiniti proclami di una campagna elettorale quotidiana senza fine. Dagli
insulti e dalle divisioni. Dalle promesse. Individualmente siamo fragili!
Nessun partito o politico ci può tutelare. Dovrebbero essere i costruttori
della “comunitas” e sono diventati oramai le fonti di conflitto, divisione e
paura. Questa fragilità individuale ci rende invece umani, perché la nostra
umanità chiede di convivere e cooperare in “comunità”, costruendo le
possibilità e capacità del vivere insieme, di affrontare e risolvere i problemi
insieme. Il vivere insieme, il convivere, ci trasforma in anticorpi vincenti
contro qualsiasi virus, conflitto, divisione, competizione. Discriminazione,
divisione, conflittualità sono fondamenta della nostra debolezza. Fratellanza,
condivisione, solidarietà, giustizia, pace, diritti… sono le pietre d’angolo per
una nuova umanità. Non possiamo permetterci di arrivare ad una società del
tutti contro tutti. Sarebbe la pandemia più tragica della storia dell’umanità. Dobbiamo
reagire e ripartire insieme.

E per
ripartire insieme, da questo numero della rivista, abbiamo anche pensato di
riproporre, di volta in volta, un editoriale scritto dal nostro Direttore
Eugenio Melandri negli ultimi vent’anni, convinti non solo della loro
attualità, ma soprattutto degli stimoli che ci offrono per questo cammino. (presidenza@cipsi.it)

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Source: Cipsi

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