Il valore non è un prezzo. Liberiamo l’acqua dalla Borsa

Riccardo Petrella

Il valore non è un prezzo” è il titolo della rivendicazione (non petizione) che change.org ci ha aiutato a diffondere in Italia. Un capovolgimento di prospettiva umana: “Vogliamo l’acqua bene comune pubblico mondiale e fuori della Borsa”.

E’ motivo di grande incoraggiamento, oltre che di contentezza, constatare che in soli 13 giorni, a partire dal 20 novembre, quasi 50.000 donne e uomini del nostro paese hanno apposto la loro firma a un capovolgimento delle credenze culturali e sociali e delle scelte economiche e politiche oggi imperanti.

Anzitutto un capovolgimento riguardo ai criteri di definizione del valore delle cose, della vita. I firmatari hanno sconfessato la credenza imposta dai gruppi sociali dominanti, secondo cui il prezzo di mercato definisce il valore di un albero, di un vaccino, di una conoscenza scientifica, di un gregge di pecore, di una canzone, di un calciatore, di una operaia, di un’insegnante elementare, di un m³ d’acqua potabile… Schierarsi a favore dell’idea che il prezzo dell’acqua, bene naturale essenziale per la vita, non sia riducibile al suo prezzo di proprietà e di consumo rappresenta uno schiaffo forte in faccia ai dominanti. Questi hanno imposto le tesi secondo cui non vi sono più diritti all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’educazione, alla libertà, ma la capacità di accesso su basi eque e a prezzo abbordabile all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’informazione digitale. Secondo loro, un prezzo è “abbordabile”, soprattutto nel senso che deve essere tale per consentire un livello di profitto “giusto” per il capitale investito!

In secondo luogo, un capovolgimento riguardo alla dimensione storica della vita, dalla quale partire per definire e riorganizzare le relazioni tra i 9 miliardi di persone che tra poco abiteranno la Terra insieme agli altri miliardi, ben più numerosi, di esseri viventi (microbi, piante, animali).

La rivendicazione sostiene che l’acqua debba essere trattata come un bene comune mondiale e non solo europeo, russo, africano-subsahariano, statunitense, medio-orientale, italiano, keniano, bengalese, coreano, costaricano, israeliano o turco. Firmando, i cittadini hanno espresso una coscienza nuova e concreta della condizione umana e cioè la mondialità effettiva della comunità di esistenza e del divenire della vita della Terra.

L’acqua è mondiale e cosi deve essere (dobbiamo imparare) il governo della politica dell’acqua oggi in mano ai gruppi oligarchici delle grandi compagnie multinazionali e dei fondi d’investimento globali speculativi. Inoltre, i firmatari hanno aderito all’affermazione che l’acqua è un bene comune mondiale pubblico. Ci vuole incoscienza o deliberata convinzione per rivendicare tale scelta in un’epoca in cui i gruppi sociali dominanti sono riusciti a demolire il concetto di pubblico (specie quello statuale). L’acqua pubblica è stata eliminata dal linguaggio corrente e fa sempre meno parte della narrazione etica, sociale e politica della vita.

Cosi, cosa che sembrava impossibile, i firmatari hanno sconfessato il principio accettato da molti governi e poteri pubblici, secondo cui non si può lottare contro il controllo mondiale della vita da parte della finanza privata. Per molti, mettere in questione la potenza della finanza privata e in particolare degli operatori in Borsa è irrealistico e velleitario, una cosa da Don Chisciotte. Ebbene, 50.000 donne e uomini in Italia hanno cominciato una nuova battaglia.

Dal 25 ottobre scorso la battaglia è diventata ancor< più necessaria e dura. Su pressione e iniziativa del fondo d’investimento più potente al mondo, Black Rock, la Borsa di New York (“Wall Street”) ha deciso di creare una nuova classe di averi finanziari, i Natural Assets, gestiti da una nuova categoria d’imprese, le NAC (Natural Assets Companies), Secondo la proposta di Black Rock si tratta a termine di gestire il 30% del mondo naturale della Terra attraverso i meccanismi delle transazioni finanziarie in Borsa, la cosiddetta “monetizzazione della natura” (‘nature pricing”). La vita trasformata in averi finanziari! Che bel progetto.

Le 50 mila firme sono una grande boccata di ossigeno culturale e politico in sostegno della battaglia mirante a “ridare” un senso “spirituale”, etico e sociale alla vita. Esse rappresentano il piccolo passo d’inizio di un lungo percorso collettivo per affermare che “il valore non è un prezzo”.

Questo testo è dedicato alle centinaia di persone che dal Piemonte alla Sicilia hanno collaborato alla campagna di raccolta firme “Liberiamo l’acqua dalla Borsa” su change.org. Mi limito a menzionare gli amici Elena Mazzoni, Maurizio Montalto, Luca Cecchi, Marinella Nasoni, il Monastero del Bene Comune, le Mamme NoPfas, Pax Christi, Animal Safe Italia, Nicola Perrone, Guido Barbera, Alfio Foti, Roberto Morea, Roberto Musacchio, Rifondazione Comunista, Emanuele Villa, Marco Job, Antonio Bruno, Radio Itineraria.

L’articolo Il valore non è un prezzo. Liberiamo l’acqua dalla Borsa sembra essere il primo su Solidarietà e Cooperazione CIPSI.

Leave a comment

Add your comment below, or trackback from your own site. You can also subscribe to these comments via RSS.

Your email is never shared. Required fields are marked *