Barbera (CIPSI) si rivolge al Presidente RAI e alla Commissione parlamentare di Vigilanza RAI: “Basta con la strumentalizzazione della povertà per raccogliere soldi! La TV pubblica sia un vero servizio pubblico. Chiediamo al Presidente della Rai, alla Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai e al suo Presidente di intervenire subito per invertire rotta. Informazione e cultura, non elemosina!”.
Roma, 1 agosto 2013 – RaiUno sta organizzando un reality show umanitario che si chiamerebbe “The Mission” – il primo prodotto in Italia, dove personaggi famosi lavoreranno, in situazioni estreme e disagiate, fianco a fianco agli operatori umanitari nei campi profughi in Congo e Sud Sudan. Gli obiettivi sono quelli di sensibilizzare il grande pubblico sul dramma dei rifugiati e di aumentare il fundraising per finanziare i progetti di emergenza in varie parti del mondo. La fonte di questa notizia è il sito info-cooperazione.it.
Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione Cipsi – coordinamento di 40 associazioni di solidarietà e cooperazione – al riguardo ha dichiarato: “Non si può continuare a strumentalizzare la povertà per raccogliere fondi con un reality show e la partecipazione di vip. Non si risolvono i problemi e le emergenze in questo modo! C’è una tendenza nel mondo delle organizzazioni internazionali – alla luce della crisi dei finanziamenti pubblici – a ricorrere a tutti i mezzi possibili pur di raccogliere fondi e risorse finanziarie. I rifugiati, le realtà durissime del Sud Sudan, i bambini, le donne, le violenze o le miserie di ogni genere, non possono essere oggetto di spettacolo e di pietismo umanitario, al limite della pornografia umanitaria. La dura realtà in cui vivono quotidianamente centinaia di milioni di persone, non può essere presentata con un gioco!
Siamo sbigottiti e non possiamo concordare con questa politica e questi strumenti: siamo convinti che attraverso l’intrattenimento televisivo sia possibile raccontare temi seri e delicati come quelli dei rifugiati, delle miserie e dei conflitti, ma non attraverso questo genere di format e di spettacolarizzazione gratuita. Ci dispiace che la TV pubblica non riesca ad essere, anche in questo ambito, servizio pubblico. Ci dispiace che l’assenza di serie politiche e di vera cooperazione, porti a pensare soluzioni di questo tipo. I rifugiati rischiano di finire a fare da sfondo a semplici performance patetiche, paternaliste e buoniste dei vip. E poi c’è il tema etico della pubblicità: quali sono i ricavi stimati dalla RAI per la vendita di spazi pubblicitari durante questo reality?
Nel panorama nazionale e internazionale la TV dei reality mette in premio dai cannibali ai bimbi: sono gli orrori della ‘TV verità’. I problemi dell’umanità in genere, dei rifiugiati, come quelli di tutti coloro che non hanno istruzione, casa, lavoro, o non riescono ad arrivare a fine mese, non si risolvono e non si possono affronatre vivendo: “per 10 giorni tra i rifugiati del Sudan, cantando assieme a loro per cercare di aiutarli” come afferma il pur bravo cantante Al Bano. Sicuramente nessuno gli tirerà le banane sul palco, ma dopo i 10 giorni, tutto sarà come prima! È necessario operare affinché l’informazione e la comunicazione contestualizzino la descrizione delle realtà, vadano alle cause della povertà e della miseria, e favoriscano la sensibilizzazione costruttiva. Non c’è nessuna capacità e coraggio innovativo e creativo da parte di chi programma queste trasmissioni. Si cerca solo di parlare al cuore, per addormentare i cervelli della gente. La gente però è stanca e non ci vuole più stare a questi giochi di potere. Risolviamo i problemi, ma non creiamone altri! Abbiamo bisogno di cooperazione, di solidarietà, di nuovi stili di vita ed impegni coerenti, non solo di emotività pietistica che scarica la coscienza con qualche euro. Chiediamo subito al Presidente della Rai Anna Maria Tarantola, al Consiglio di Amministrazione Rai, al Presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai Roberto Fico e a tutta la Commissione di intervenire, di invertire rotta! Abbiate coraggio nel proporre e mettere in atto una nuova cultura della comunicazione sulle situazioni di miseria sia nel Sud del mondo, sia in Europa. Uscite dai vecchi schemi, investite su una comunicazione sociale che favorisca il cambiamento culturale e di comportamenti, e non solo proporre vecchi strumenti di raccolta fondi. La carità non è elemosina!”
Ufficio Stampa: Nicola Perrone, ufficiostampa@cipsi.it , cel.329.0810937