GIORNATA DEI DIRITTI UMANI E LEGGE DI COOPERAZIONE. Barbera (CIPSI): “Il rispetto dei Diritti Umani e la tutela dei Beni Comuni hanno bisogno di un’identità nuova della Cooperazione, non di una legge a qualunque costo! Diritti Umani e Beni Comuni sono i pilastri di ogni responsabilità sociale e di ogni politica internazionale. Dobbiamo liberare la cooperazione dal dominio finanziario, rimettendo in discussione leggi e burocrazia che spazzano via democrazia e diritti. Appello al Governo per realizzare vere riforme”.
Roma, 10 dicembre 2013 – “Da oltre vent’anni il tormentone Cooperazione arriva puntualmente ad animare la vita politica di ogni legislatura e governo senza risolvere nulla”, ha dichiarato Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione CIPSI – coordinamento di 38 associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale, alla vigilia della Giornata dei Diritti umani.
“Come si può affrontare un tema così scottante come quello della cooperazione, si chiede Barbera, senza liberare politiche e comportamenti dal laccio della competitività tra persone e Paesi? Come approcciare la riforma della legge in un quadro politico come l’attuale, così segnato dal dominio finanziario predatorio, senza rimettere in discussione i suoi tratti costituenti che spazzano via democrazia e diritti? La convivenza e il benessere di ogni cittadino, così come la tutela dei suoi diritti e dei beni comuni di cui necessita, sono i parametri di riferimento di una seria “responsabilità sociale”, ribadisce Barbera. Privatizzazioni e liberalizzazioni di apparati produttivi e di servizi, hanno falsificato gli obiettivi del benessere progressivo aumentando lo spread tra povertà e ricchezza.
Come può una concreta e vera cooperazione trovare appoggio in quel sistema che è da decenni linfa delle sue radici? Che cooperazione si può pensare con un tasso di disoccupazione giovanile del 41,2% solo nel nostro Paese, con la previsione Ocse secondo la quale nel 2020 in Italia 7 italiani su 10 saranno a rischio di esclusione sociale perché privi di istruzione adeguata, con la precarietà che è divenuta il segno distintivo della nostra esistenza? Se si vuole affrontare seriamente una riforma della cooperazione italiana, cosa urgente, dichiara Barbera, chiediamo al Governo un’azione di coraggio per dimostrare che si intende fare vere riforme. Non si può più procedere nel nostro Paese, con la paura di urtare le suscettibilità di uno o dell’altro ministero.
Il testo di lavoro, che già ha tanto animato il dibattito, è ancora basato sul concetto, poco rispettoso della dignità e dei diritti umani, “dell’aiuto allo sviluppo”. Non ridefinisce le prerogative ministeriali se non nella istituzione innovativa, ma francamente stiracchiata, del Comitato interministeriale. Mantiene le funzioni al Ministero degli Affari esteri indicando nello specifico una figura dedicata quale un vice ministro: senza fare il salto ormai maturo per un Ministero autonomo della cooperazione con portafoglio, fondi e autonomia. Restano inalterate le competenze del Ministero dell’economia e delle Finanze, continuando la diarchia in materia che non può credibilmente essere superata con un semplice coordinamento. Si vede l’auspicata e invocata Agenzia, ma mantiene la direzione generale del Mae come elemento di prerogative fondanti. E tre livelli o forse quattro di responsabilità con il rischio di un ingorgo burocratico che appesantisce sia il processo decisionale, sia quello di valutazione e controllo degli atti e dei programmi attuati e in attuazione. Dimentica del tutto il ruolo del volontariato, elemento storico e portante della nostra stessa struttura sociale italiana e non fa alcun riferimento ai corpi civili di pace.
La cooperazione, conclude Barbera, deve ammodernarsi facendo i conti con la storia e la realtà mutate. Dobbiamo riconoscere che ci sono ancora tanti poveri nel mondo e i diritti umani che non possono essere eserciti. Rimettere al centro le persone in una nuova dimensione dell’umanesimo! Da qui, contribuire alla costruzione della pace duratura e della convivenza sociale mondiale. Smettiamola di pensare nel nostro Paese, per fare qualcosa, non bisogna essere troppo esigenti, pena nuovi fallimenti. Dobbiamo avere coraggio! Per vincere non possiamo accontentarci del meno peggio. La realtà ci dice che oggi è possibile, oltre che assolutamente necessario. Se prevarrà la consueta tattica politicista il vestito nuovo che ne uscirà sarà già scucito e pieno di toppe!