64ma Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra

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Ogni anno, la lebbra contagia 211 000 persone di cui 19 000 bambini: un nuovo caso ogni 2 minuti! La lebbra, esiste ancora! In alcuni Paesi è anche in aumento. Questo è il messaggio che la Fondazione Raoul Follereau vuole trasmettere in occasione della 64°ma Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, chi si svolgerà il 28 e 29 gennaio prossimi.

L’opportunità anche di fare un punto sull’azione della Fondazione che agisce ai lati dei suoi partner, con tre obiettivi prioritari: fermare la trasmissione della malattia, prevenire le invalidità e continuare a combattere tutte le barriere dell’esclusione sociale.

Dagli anni 80 si sono raggiunti grandi risultati nel trattamento della lebbra. Più di 16 milioni di persone sono state guarite e la malattia è progressivamente diminuita in molti paesi. Il numero dei nuovi malati si è ridotto ad un terzo in questi anni. Abbiamo però festeggiato troppo rapidamente la vittoria per l’eliminazione di questa malattia…

Negli ultimi 10 anni, abbiamo purtroppo constatato che la malattia non diminuisce più! Stagna a circa 211 000 nuovi casi ogni anno. Questo malgrado i progressi realizzati in materia di diagnostica e cura. Nel 2013, al 18° Congresso Mondiale di Lotta contro la Lebbra, organizzato dall’ILA a Bruxelles, la comunità scientifica internazionale ha preso atto di questa situazione e lanciato il nuovo allarme: la lebbra non è vinta!. Per la prima volta l’ILEP, federazione delle associazioni internazionali di lotta contro la lebbra, di cui Raoul Follereau fu membro fondatore, e l’OMS hanno deciso di avviare una strategia comune per invertire questa tendenza, riorganizzando la lotta alla lebbra a livello mondiale.

“Oggi, la lebbra non è più solamente un problema medico, ma anche e soprattutto umano.Si tratta di dire se, sì o no, accettiamo che migliaia di esseri, perché sono malati, possano essere trattati come banditi, isolati, condannati a morire nella miseria e nella disperazione. È del silenzio che saremo, un giorno, complici”.

Raoul Follereau – brano del suo discorso all’ONU nel 1952

Per diminuire il contagio, dobbiamo arrivare a rintracciare i malati il prima possibile, per metterli, sotto trattamento. Per questo, occorre moltiplicare le visite in seno alle comunità e non aspettare che le persone contagiate si rechino loro stesse in uno dispensario, perché, troppo spesso in questi casi, la lebbra è già ad uno stadio molto avanzato e certe lesioni si rivelano irreversibili. Altro aspetto importante del lavoro è nel campo della ricerca, particolarmente nella chemio-profilassi che consiste nel dare un trattamento a tutte le persone sane che vivono in un ambiente ad alto rischio. alcune ricerche pilota per valutare l’efficacia di nuovi metodi di prevenzione, sono attualmente in corso nel Bangladesh. Infine, la ricerca di un regime di cure più potenti e più rapide, sono un altro settore di lavoro importante per arrivare fermare il contagio. È necessario ridurre anche il numero di complicazioni neurologiche che provocano infermità molto gravi in tanti ammalati. Invalidità che colpiscono principalmente i nervi periferici a tre livelli: facciale, particolarmente gli occhi con l’impossibilità  di chiudere le palpebre; membri superiori (paralisi) delle dita; membri inferiori (paralisi dei piedi). Così, più di 14.000 persone diventano invalidi ogni anno nel mondo (cifre 2015). Questo comporta costi importanti in materia di salute per molto tempo, senza parlare del degrado delle condizioni di vita delle persone colpite. Certamente, la prima cosa da fare è diagnosticare il più rapidamente possibile la malattia per curarla senza indugi. Per coloro già colpiti da invalidità, si rende necessario il recupero fisoterapico e sociale. Per questo, abbiamo a disposizione euipe di specialisti che operano a seconda dei casi: trattamento delle reazioni, interventi chirurgici o ancora cinesiterapia. Per il sostegno alla formazione e al reinserimento professionale, la Fondazione Raoul Follereau aiuta gli malati a riprendere il loro posto nella società, vivendo dignitosamente del loro lavoro pur con le loro diverse abilità e i loro problemi fisici e sociali.

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