Nel 2018 vengono tagliate oltre un quinto delle risorse destinate ai paesi poveri
L’aiuto italiano ai Paesi poveri crolla. Questo viene evidenziato nel nuovo rapporto “Cooperazione Italia: un’occasione sfumata”, pubblicato da Oxfam e Openpolis, in cui vengono riportate le cifre spaventose che attestano il brusco taglio delle risorse da parte del nostro paese. Nel 2018, infatti, l’Italia si è fermata allo 0,24% del reddito nazionale lordo (-21,3% sul 2017 ovvero 860 milioni di euro) per un totale di 4,2 miliardi di euro. L’Italia è al 17esimo posto tra i 29 paesi donatori Ocse. Si sfuma così, l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 lo 0,30% del reddito nazionale lordo.
“Si tratta di un quadro preoccupante che sta riportando indietro la cooperazione italiana di anni e spinge a rivedere al ribasso le stime per il prossimo futuro – ha detto Francesco Petrelli, senior policy officer su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Siamo di fronte a un calo ancora più drastico, rispetto a quello che noi, come molti osservatori, avevamo previsto a gennaio dopo l’approvazione dell’ultimo Documento di economia e finanza”. Nel 2017 l’Italia aveva raggiunto lo stanziamento dello 0,30% in rapporto al reddito nazionale lordo, “e ci saremmo aspettati, anche nella peggiore delle ipotesi un calo assai più ridotto – continua Petrelli – Stando a quanto previsto dal Governo Gentiloni nel 2018, infatti, sarebbero dovuti essere erogati 5,02 miliardi di euro, pari allo 0,28%. Ma i dati Ocse ci raccontano una storia diversa”.
“Oltre alle ingenti riduzioni dell’aiuto pubblico in termini di fondi allocati, mancherebbe all’appello anche un miliardo di euro come differenza tra gli importi destinati per il 2018 al ministero dell’Interno per l’accoglienza migranti e quelli rendicontati dall’Ocse”. Inoltre, nonostante il numero degli sbarchi di migranti sulle cose italiane sia drasticamente calato, tornando sotto i livelli del 2012 – continua il rapporto -, gli stanziamenti al ministero degli Interni per l’accoglienza nel 2018 sono rimasti alti, senza che per questo i fondi fossero riallocati, ad esempio, ad aiuti alla cooperazione allo sviluppo nei Paesi poveri e di origine dei flussi. Né tantomeno a un miglioramento dell’accoglienza sul territorio, visti i recenti tagli al sistema di accoglienza che stanno aumentando l’insicurezza per migliaia di richiedenti asilo vulnerabili, oltre a costare migliaia di posti di lavoro.
“Di fronte a questi numeri – aggiunge Petrelli – sono almeno due le domande da porre all’attuale governo e su cui i cittadini dovrebbero essere informati, trattandosi di fondi pubblici. Dove sono stati allocati i fondi destinati al ministero dell’Interno per l’accoglienza dei migranti nel 2018 e perché non sono stati usati per altri settori della cooperazione ossia per lo scopo per il quale erano stati stanziati? Perché nella legge di bilancio 2019, alla luce della drastica riduzione del numero di migranti e richiedenti asilo che arrivano in Italia, si è deciso comunque di destinare al ministero dell’Interno quasi 1,7 miliardi di euro all’accoglienza ovvero un ammontare di poco inferiore a quanto destinato dalla legge di bilancio 2017 quando il fenomeno era di ben altra entità?”
Dal rapporto risulta che nel 2018 gli stanziamenti per i Paesi meno sviluppati sono calati del 22% e per quelli dell’Africa subsahariana del 35,5%. “La riduzione del numero degli arrivi di richiedenti asilo in Italia poteva rappresentare un’occasione per aumentare i fondi destinati bilateralmente ai Paesi più poveri, come più volte dichiarato dal governo. Tutto ciò però non è accaduto”. Per Petrelli si tratta di una “contraddizione lampante”. Perché, spiega, “da un lato si chiudono le frontiere ai migranti e dall’altro si riducono i fondi destinati a rompere il circolo vizioso della povertà e creare sviluppo nei Paesi più poveri, da cui molto spesso scappano le persone che continueranno a tentare di arrivare in Italia, anche nei prossimi anni. Il fenomeno migratorio resta ed è epocale. Chiediamo al governo di mantenere le promesse fatte, in linea con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 dell’Onu”
Fonte: Redattore Sociale
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