La crisi coronavirus è anche un laboratorio importante. Titti Postiglione: “I prossimi tre mesi saranno importanti, ci siamo dati come primo orizzonte il termine del 31 luglio, ma sappiamo che dovremo comunque affrontare alcune situazioni specifiche. I progetti all’estero ad esempio, con appena 84 volontari che sono rimasti attivi fuori Italia, oppure i Corpi Civili di Pace”
ROMA – “L’emergenza che stiamo affrontando come sistema del Servizio Civile Universale (SCU) ci ha chiesto di cambiare approccio su molte cose. È un cambio di paradigma importante, di cui non potremo non tener conto per il futuro di questo istituto”. È quanto ci ha detto in una conversazione con “Redattore Sociale” Titti Postiglione, Direttrice dell’Ufficio per il Servizio Civile Universale all’interno del Dipartimento per le Politiche giovanili e il SCU, a ridosso del primo anniversario della sua nomina.
Questi ultimi due mesi sono stati particolarmente convulsi anche per il SCU, che ha dovuto affrontare già a fine febbraio scorso una fase di progressivo stop e poi una non facile ripresa dopo il 16 aprile. “Il Dipartimento – ci dice ancora Postiglione – ha dato via via attuazione ai diversi provvedimenti governativi in materia di emergenza COVID-19, adattando progressivamente le disposizioni al proprio sistema, fino ad arrivare alla Circolare del 10 marzo necessariamente molto restrittiva. In ogni caso abbiamo cercato di portare avanti sempre un metodo improntato al dialogo aperto e mai interrotto con tutti i soggetti del sistema, a partire dalle Regioni e P.A., insieme alla Rappresentanza dei giovani volontari e degli Enti”.
“Nonostante le difficoltà e le preoccupazioni legate al contagio – prosegue -, siamo così riusciti a garantire che, anche nella fase più acuta di sospensione dei progetti, rimanessero in servizio in sicurezza comunque 3.200 giovani, impegnati in attività funzionali alla gestione dell’emergenza. Poi con delle scelte a medio termine abbiamo potuto anticipare alcune soluzioni per la ripresa, anche in collaborazione con altri soggetti istituzionali. Da qui un cambio di paradigma e di approccio, superando alcune ‘rigidità’ del sistema e introducendo flessibilità e semplificazione, che in collaborazione sempre con i giovani e gli enti ci ha permesso di riportare in attività ad oggi oltre il 75% dei volontari ed altri saranno riavviati nelle prossime settimane”.
“Se la situazione dovesse poi migliorare, ci auguriamo che sempre più progetti riducano la parte di attività rimodulate e ritornino a quelle originali, così come che diminuiscano quelle in remoto per tornare ad un impegno pienamente sul campo, anche in virtù dei nuovi provvedimenti del Governo. In questo senso i prossimi tre mesi saranno importanti, ci siamo dati come primo orizzonte il termine del 31 luglio, ma sappiamo che dovremo comunque affrontare alcune situazioni specifiche. I progetti all’estero ad esempio, con appena 84 volontari che sono rimasti attivi fuori Italia, vedono la maggior parte dei giovani che sono dovuti rientrare nel nostro Paese, oppure i Corpi Civili di Pace che, terminando il prossimo 15 giugno, di fatto hanno ultimato la loro esperienza all’estero”, ci dice ancora la Direttrice.
Questa crisi è però anche un “laboratorio” utile per sperimentare alcune novità e provare a consolidarle nel futuro del SCU. “Abbiamo attuato quanto era stato ipotizzato in fase di programmazione ad esempio con i ‘gemellaggi’ – ci spiega Titti Postiglione -, ossia una rete di soggetti non accreditati al SCU, soprattutto pubblici, che in questo momento coinvolgono oltre 4mila giovani su circa 1.200 sedi. Alla fine dell’emergenza non sarà possibile non tenere conto di questa esperienza, così come delle sperimentazioni attivate dagli enti per proseguire la formazione e il monitoraggio anche a distanza. Enti di cui va apprezzata la grande disponibilità”. “Inoltre – prosegue – è significativo che proprio in questo periodo si sia sviluppato un dibattito pubblico, avviato da alcuni intellettuali su Avvenire, sul ruolo del SCU, riconoscendone il suo punto di forza di essere uno strumento ordinariamente radicato sul territorio e vicino alle comunità. Credo sia una consapevolezza che tutto il sistema ha maturato affrontando proprio questa emergenza, e che stia passando nell’opinione pubblica e in altre amministrazioni dello Stato, che ci osservano con interesse”. “Siamo contenti non solo per quello che stiamo facendo, ma soprattutto del metodo che abbiamo portato avanti come sistema. Più la situazione è complessa e richiede scelte difficili, più serve raccordo, dialogo, confronto e coordinamento. Insomma, processi condivisi prima di assumere poi decisioni. Sarà questa una delle eredità positive di questo periodo complicato, oltre alla conferma della straordinaria dedizione e passione con cui i giovani volontari difendono il nostro Paese”, conclude Postiglione. (FSp)
Fonde: Redattore Sociale
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