di Silvia Stilli, Portavoce AOI
Anche quest’anno, nel tempo della discussione e approvazione della Legge di Bilancio dello Stato, le rappresentanze e reti della cooperazione e solidarietà internazionale sono costrette a sedersi al tavolo temporaneo della roulette al Parlamento per cercare di portare a casa l’investimento sull’ Aps (Aiuto Pubblico allo Sviluppo). Ormai sono almeno due stagioni che avviene questo: il gioco si va trasformando di routine in una roulette russa con un finale tragico.
Un’immagine forte che purtroppo fotografa lo stato della cooperazione internazionale allo sviluppo, di fatto la Cenerentola nelle priorità politiche dell’Italia. La ricerca di Openpolis-Oxfam sull’APS italiano nel 2019, recentemente pubblicata, ci ha presentato dati davvero sconfortanti: il rapporto Aps/Rnl (reddito nazionale lordo) è tornato ormai ai livelli del 2015, ovvero di fatto allo 0,22% (il Maeci parla di 0,24-0,25%, dato sempre basso), peraltro sommando agli investimenti diretti della Farnesina (linea multilaterale e linea bilaterale) quelli del Ministero degli Interni per il capitolo dell’accoglienza dei rifugiati. Nonostante nel 2017, con 3 anni di anticipo rispetto agli impegni sottoscritti dall’Italia per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, fosse stato raggiunto il traguardo intermedio del 0,30%, fissato per il 2020.
Il passo indietro è davvero evidente e preoccupante. Nella legge di bilancio 2021, oggi in esame per l’approvazione, non leggiamo un’inversione di tendenza, anzi, emerge di nuovo un dato al ribasso. L’analisi fatta dalle organizzazioni non governative di articolati specifici sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, completata dalla lettura delle tabelle relative mette in crisi l’autorevolezza italiana nel mondo sul versante degli investimenti per lo sviluppo, strettamente legati alla politica estera.
Eppure il 12 novembre scorso, pochi giorni fa, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel suo videomessaggio al Forum per la Pace di Parigi, aveva affermato: “Se c’è qualcosa da imparare da questa situazione senza precedenti, è il valore della cooperazione internazionale. Problemi condivisi, che minacciano la pace e la stabilità, necessitano di risposte condivise urgenti”. Ma il Meci non ha coinvolto i vari stakeholder della cooperazione internazionale (autorità locali, università, ong, fondazioni, diaspore, privato profit) nel percorso di condivisione delle richieste per la valorizzazione dell’Aps italiano nella Legge di Bilancio, come avvenuto in passato. Nei differenti ruoli, nel gioco delle parti proprio della più efficace azione politica (la diplomazia italiana per tanti anni ne è stata “maestra”) per anni le Regioni, gli Enti locali e gli altri attori privati hanno lavorato di concerto con il ministero degli Esteri per rafforzare l’azione del Paese nel mondo e per spingere tutto il Governo a sostenere la politica estera: oggi non conosciamo il budget dedicato al capitolo APS se non quando viene reso pubblico dal Governo, quindi nessuna attività lobbistica e di sensibilizzazione di Parlamento e Governo può essere fatta se non ormai nel gioco temporaneo della roulette di cui sopra.
Ieri mattina, alla sessione di apertura di Codeway 2020, il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Anci, a nome dei comuni italiani ha chiaramente espresso la preoccupazione per la riduzione delle risorse per la cooperazione italiana anche nel budget dello Stato nel 2021. Nella medesima iniziativa ha riperso il tema dell’importanza della cooperazione allo sviluppo per la nostra politica estera anche la Vice Presidente della Regione Emilia Romagna, Elly Schlein, insistendo su un punto a noi società civile assai caro, quello della coerenza nelle politiche interne ed estere e del rispetto degli impegni internazionali, primo fra tutti quello dell’Agenda 2030. Non sono quindi solo le organizzazioni sociali di cooperazione, volontariato e solidarietà internazionale a lamentarsi. Vado su un punto importante di riflessione. Lo ripeto ormai in ogni mio intervento, la coprogrammazione e coprogettazione tra pubblico e privato sociale è ribadita definitivamente, a risposta di ogni tentativo di messa in discussione, nella sentenza 131 della Corte Costituzionale del giugno scorso, in riferimento all’articolo 55 del decreto legislativo 117/2017, istitutivo del Codice del Terzo Settore. La sussidiarietà come valore affermato nel titolo V della Costituzione Italiana, all’art. 18), ripreso anche dall’Unione Europea (‘principio di sussidiarietà’ nel Diritto dell’UE), non sembra essere percepita davvero nel mondo istituzionale della cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese.
Occorre organizzare quanto prima un confronto pubblico su questa difficoltà a costruire, nelle varie “stanze” della Farnesina addette alla programmazione, un dialogo continuativo e proficuo con le organizzazioni della società civile. Vorrei ricordare che il ministro onorevole Luigi Di Maio non ha mai risposto alle nostre richieste di incontro, dal momento della sua nomina. Fortunatamente, non vi è preclusione al confronto da parte della vice ministra con delega alla cooperazione internazionale, onorevole Emanuela Del Re, che più volte ha ribadito il ruolo importante svolto dalle organizzazioni sociali e incontra regolarmente le reti e rappresentanze delle ong: ma costruire un programma condiviso strategico di azione che parta da una confronto e scambio nella definizione delle priorità non è esercizio costante. E per questo non è sufficientemente efficace nei suoi esiti. La conclusione della Conferenza sulla Cooperazione Internazionale promossa nel 2018 dal Maeci, Coopera, si affermava: “ Iniziare il percorso per garantire la coerenza delle politiche pubbliche con gli obiettivi di cooperazione, attraverso la pubblicazione di uno studio nazionale a cura del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo che identifichi le maggiori criticità”. Eppure il citato Cncs non è stato riunito per due anni e mezzo. Nella costruzione della parte relativa al settore per la Legge di Bilancio e nell’iter di approvazione: in altri ministeri (ministero Lavoro e Politiche Sociali e Mise, per esempio) le rappresentanze del Terzo Settore, del mondo del Lavoro e dell’impresa seguono questo esercizio e ne discutono con i vertici politici, quindi hanno possibilità maggiore di incidere nei vari passaggi, a partire dalla costruzione della legge stessa, fino alla redazione del maxiemendamento governativo, ma anche nel dialogo con i gruppi parlamentari della maggioranza. A noi ancora una volta all’oggi, chiusa ieri la raccolta degli emendamenti alla Commissione Esteri della Camera e in dirittura verso il dibattito alla Commissione Bilancio, non resta che sperare nel buon cuore dei gruppi parlamentari. Non ci fermeremo, certamente, anzi siamo nel pieno del lavoro di ricerca contatto e sensibilizzazione con Parlamento e Governo, incessante.
Quello che è importante nella giustificazione dell’aumento delle risorse per l’APS italiano è insistere oggi su proposte che giustifichino una scelta responsabile di tutti gli attori del nostro Paese in un’azione di impatto, in partenariati ampi su programmi efficaci nelle aree prioritarie di intervento dell’Italia. La proposta principale e comune per le reti ong (AOI, CINI e Link2007) riguarda la creazione di un Fondo italiano di risposta alla pandemia mondiale, di durata triennale, con stanziamenti di 200 milioni per il 2021, 2022 e 2023, volto a sostenere interventi multistakeholder di impatto per affrontare la crisi sanitaria, economica e sociale nei Paesi più poveri, prioritari per l’Aps italiano: la giustificazione di questo Fondo è legata all’emergenza della lotta alla pandemia mondiale sottolineata dal presidente del Consiglio, con l’obiettivo di dar forza al Tavolo Interministeriale Covid-19 presso il Maeci, la cui prima sessione è stata inaugurata il 30 giugno scorso dal ministro Di Maio e coordinata dalla viceministra Emanuele Del Re, che ha fortemente voluto questo momento di raccordo istituzionale. Ovviamente l’emendamento precisa che il Fondo andrà definito nei suoi aspetti strutturali mediante apposito decreto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, nel cui bilancio deve essere incardinato.
Aoi inoltre, per una logica di coerenza e trasparenza delle politiche, propone altri emendamenti: uno relativo al riallineamento con gli impegni finanziari per le scadenze definite in riferimento al raggiungimento dello 0,70% Aps/Rnl nel 2030, come da Agenda Onu, aumentando quindi la dotazione complessiva al netto dei fondi per i rifugiati; un terzo emendamento poi ne riprende uno parlamentare dell’anno passato (sostenuto dal Pde comunque “di interesse” anche per i vertici della Farnesina), relativo al passaggio di titolarità del fondo previsto per il Maeci dalla L. 145/2018 sui costi dei rifugiati. Aoi chiede che questo fondo, indicato negli art.767 e 768 della suddetta legge, non sia più gestito dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero, ma passi sotto la Dgcs, come investimento in programmi di aiuto umanitario e cooperazione internazionale dell’Italia verso i Paesi target dell’immigrazione non solo verso l’Europa, ma anche circolare per esempio in Africa, ovviamente gestito dall’Aics, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, come prevede la L.125/2014.
Durante la lunga stagione, da marzo scorso, dei decreti governativi poi convertiti in legge per l’emergenza Covid-19, si sono ascoltate tutte le istanze di rappresentanza sociale de economica, si è cercato di rispondere a tutti gli impegni delle politiche del nostro Paese, ma non vi è stato alcun investimento aggiuntivo sul livello internazionale, oltre quello dell’investimento sui vaccini, come è invece avvenuto in altri Paesi europei. Le ong italiane hanno responsabilmente operato in Italia in sostegno a istituzioni pubbliche locali e a fianco del Terzo Settore per rispondere alle emergenze sociali, educative, anche sanitarie legate all’emergenza drammatica che il nostro Paese ha subito per primo e non hanno insistito nelle richieste di impegni nella cooperazione internazionale: oggi la Legge di Bilancio è altro da decreti straordinari di quel genere, si tratta di definire una strategia per contare nella risposta globale alla crisi sul piano mondiale e per affermare davvero il valore del motto che pure tanto abbiamo ripetuto in questi mesi: “Restiamo uniti, non ci si salva da soli”.
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