Riccardo Petrella, Agorà degli Abitanti della Terra, Professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio (B).
L’entrata in Borsa è il risultato di una lunga serie di passaggi. All’inizio c’è stata… la “petrolizzazione” dell’acqua. L’hanno annunciata, proclamata sin dagli anni ’70. La “petrolizzazione dell’acqua” (1) ha guidato la maniera di immaginare e vedere l’acqua nelle società industrializzate e “sviluppate”. Così, nel 2020 l’oro nero (il petrolio) ha una compagna “ufficiale”, l’oro blu (l’acqua).
La mercificazione dell’acqua è stata al centro della “petrolizzazione”. Il petrolio è una merce. Anche l’acqua lo è diventata. Il petrolio è una risorsa/merce non rinnovabile, l’acqua è rinnovabile ma l’abbiamo resa, specie sul piano della qualità buona per usi umani, una risorsa scarsa in via di rarefazione (2). Il valore economico del petrolio, il solo che conta nel suo caso, è determinato in Borsa. La politica energetica delle nostre società non è decisa principalmente dai poteri pubblici, ma dal prezzo del petrolio grezzo stabilito dai mercati finanziari. Con l’entrata in Borsa, il prezzo dell’acqua, il cui valore per la vita va largamente al di là della sua utilità economica, sarà, fra non molto, un prezzo mondiale e la politica idrica mondiale (ma anche continentale e “nazionale”) sarà dettata dagli operatori attivi nei vari mercati finanziari, per di più speculativi. La mercificazione dell’acqua minerale è stata ancora più rapida e massiccia. In pochi decenni l’acqua minerale è diventata il bene di consumo commerciale i fra i più preferiti dalla pubblicità televisiva. I poteri pubblici si sono sbarazzati del suo governo svendendone la gestione dell’uso e della sua cura alle grandi compagnie multinazionali, quali Nestlé, Danone, Coca-Cola, Pepsi Cola…
Poi è venuta… la privatizzazione dell’acqua e la sua monetizzazione e finanziarizzazione (bancarizzazione compresa).
I poteri pubblici hanno oramai poco da dire. Sono in posizione subordinata in moltissimi paesi del mondo dove i poteri decisionali sono passati, a seguito della privatizzazione della gestione dei servizi idrici, nelle mani di società private per le quali l’acqua è puramente un prodotto utilitario. Non per nulla le società di gestione sono chiamate “utilities”. Nell’Unione Europea, con l’adozione della Direttiva Quadro Europea sull’Acqua dell’anno 2000, i poteri reali di decisione nel campo dell’acqua sono stati affidati agli stakeholders (i portatori d’interesse) (3) le cui scelte, specie per le società multiutilities e, ad ogni modo, delle società idriche quotate in borsa, sono valutate e giudicate dai mercati borsistici.
Si può dire che la finanziarizzazione dell’acqua sia formalmente iniziata con la creazione nel 2000 del primo fondo d’investimento specializzato sull’acqua, il Water Fund, da parte della Pictet, la seconda più antica banca privata svizzera. Si tratta di un fondo che investe nelle imprese operanti del settore dell’acqua, in particolare nel settore della qualità dell’acqua. Da allora i fondi d’investimento “blu” si sono moltiplicati e con essi la formazione di indici borsistici specializzati per le imprese attive nel campo dell’acqua. Inoltre un passo importante è stato compiuto con la bancarizzazione dell’acqua, nel contesto generale delle scelte dei gruppi sociali dominanti in favore della bancarizzazione della natura (Banking Nature) sostenuta dal Secondo Vertice Mondiale della Terra nel 2002 a Johannesbourg e poi approvata dal Terzo Vertice della Terra a Rio de Janeiro nel 2012.
Per bancarizzazione dell’acqua s’intende sospendere la consegna dell’acqua per certi periodi bancarizzandone sia il diritto di uso in futuro o il risparmio per altrui uso in cambio di un pagamento o della consegna in natura. Le “banche dell’acqua” sono state piuttosto diffuse negli Stati Uniti, in particolare in California, ed in Spagna, ma non hanno dato i risultati sperati. La questione ha fatto l’oggetto di un film “militante” ben accolto dal pubblico e dalla critica. Vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Banking_Nature
L’acqua in
Borsa: da fonte di vita e patrimonio dell’umanità a fonte speculativa di profitti
e attivo finanziario privato.
La finanziarizzazione integrale dell’acqua è stata compiuta il 7 dicembre scorso con il lancio alla Borsa di Chicago (la CME – Chicago Mercantile Exchange, la principale Borsa del mondo in questo settore) del primo “futures” sull’acqua/merce. I futures sono dei contratti a termine in base ai quali le controparti (acquirente e venditore) si impegnano a scambiarsi a un prezzo (detto “futures price”) ad una scadenza prefissata , un bene specifico. Fanno parte del gruppo detto dei prodotti derivati che hanno aperto una nuova fase alla speculazione finanziaria su scala mondiale. Il carattere speculativo si concretizza nel fatto che nei “futures” non si verifica la consegna materiale del bene. Così, per esempio, nel caso dei futures sul petrolio è possibile che il prezzo della quantità acquistata/venduta del grezzo cambi una infinità di volte senza che il petrolio cambi fisicamente di mano. Una volta che i futures dell’acqua avranno raggiunto un livello normale di operatività, un milione di m³ d’acqua della Nigeria, di proprietà di una banca svizzera, gestito da un agente commerciale olandese e destinato ad un’impresa di produzione agricola californiana non solo avrà visto cambiare parecchie volte i soggetti proprietari e acquirenti e, soprattutto, il prezzo, ma non avrà mai lasciato la Nigeria se non all’ultima scadenza del contratto.
In teoria, i futures sono stati inventati per lottare contro la volatilità dei prezzi dei prodotti finanziari. In realtà, non hanno fatto che contribuire ad accrescerne la volatilità in un processo perverso che il sistema non è più in grado di arrestare per paura di mettere il tutto in subbuglio. Alcuni anni fa, lo stesso Financial Times definì i derivati, specie i futures, le sanguisuga dell’economia.
Come è possibile che malgrado un bilancio così negativo, i dirigenti finanziari ed economici hanno gettato l’acqua in pasto alle sanguisughe, ed i poteri politici non hanno fatto nulla per impedirlo?
La realtà è che sia i primi che i secondi non possono fare marcia indietro perché non lo vogliono essendo convinti che la finanziarizzazione della vita di ogni forma di vita, è uno strumento efficace (!?) per razionalizzare e standardizzare su scala mondiale la “governance” delle relazioni tra gli esseri umani e promuovere efficienti (!?) relazioni tra gli esseri umani e le altre specie viventi del pianeta. Essi non credono più ai diritti universali alla vita, alla salute, all’acqua, all’integrità, alle responsabilità collettive, alle istituzioni democratiche, allo Stato, ai poteri pubblici, ai parlamenti eletti, ai principi di gratuità/dono, allo spirito della comunità della vita. Essi credono soprattutto ai valori finanziari, alla capitalizzazione in Borsa, alle imprese di rating, agli stakeholders, ai mercati, ai tecno-esperti, ai managers, alla finanza tecnologicizzata che consente transazioni finanziarie al milionesimo di secondo, alla luce nera del sole della speculazione e dei paradisi fiscali.
L’entrata in Borsa dell’acqua è l’ennesima calamità degli ultimi decenni inflitta alla storia della vita della terra dai predatori della vita che sono diventati i poteri forti della tecnologia e della finanza. La tecnologia conquistatrice e la finanza dominatrice sono le due ganasce della tenaglia mondiale che ha afferrato e mantiene soggiogata la vita della Terra nelle mani dei dominanti (in senso largo: meno del 15% della popolazione mondiale attuale).
Occorre salvare l’acqua dalla finanza. L’entrata in Borsa dell’acqua in quanto materia prima non è solo una dimostrazione del fallimento del sistema economico capitalista della società utilitarista, ma è una sconfitta dell’Umanità. È la fine del principale bene comune pubblico della vita, insieme all’aria. Abbiamo accettato che la speculazione possa inaridire lo spirito della fonte della vita. Quando l’ultima goccia avrà il valore finanziario più alto mai raggiunto, cosa berremo, cosa coltiveremo?
Storicamente le tenaglie di dominio sono sempre saltate, prima o poi. Non sappiamo come e quando la tenaglia attuale salterà. È certo però che, se gli abitanti della Terra si ribellano e lottano per la liberazione della vita, i tempi potranno essere accorciati e la rottura sarà più rapida con a termine un reale capovolgimento del mondo nell’interesse anche dell’85% della popolazione mondiale oggi esclusa.
Note
(*) Titolo di un
articolo di James E. McWithney, Water the Ultimate Commodity, in Investopedia,
Special Feature,’Green Investing”, 3 novembre 2010.
(1) Ho parlato per la prima volta di “petrolizzazione” dell’acqua nel libro Le manifeste de l’eau, Edition Labor, Bruxelles, 1998, p.69.
(2) Non per nulla è entrata in Borsa. Lo stesso Whitney, citato nell’asterisco, spiegava nel 2010 perché gli operatori finanziari erano sempre di più interessati all’acqua: “Like any other scarcity, the water shortage – ed oggi siamo in uno stato di penuria generale dell’acqua buona per usi umani – createss investment opportunities”. Altro che protezione e ricerca di sicurezza idrica per tutti! Nella nostra economia quel che dà valore alle cose è la loro scarsezza ed insicurezza.
(3) Ho analizzato
il ruolo centrale assegnato dall’Unione Europea agli stakeholders in Memorandum
sur la Politique européenne de l’eau, IERPE, Bruxelles, novembre 2013, pp
89-97.
Riccardo Petrella, autore de Il manifesto dell’acqua, Ed. Gruppo Abele, 2001 (edizione originale in francese, Le manifeste de l’eau, 1998). È stato pubblicato anche in inglese, tedesco, olandese, spagnolo, catalano, portoghese, coreano. Promotore del Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell’Acqua sin dal 1997.
L’articolo L’acqua, “the ultimate commodity”, è entrata in borsa. Povera acqua! sembra essere il primo su Solidarietà e Cooperazione CIPSI.