Domani sarà il 62° anniversario dell’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo, avvenuta il 30 giugno 1960. Per questa occasione pubblichiamo la traduzione in italiano del recente messaggio “Beati gli operatori di pace, perche’ saranno chiamati figli di Dio” dell’Arcivescovo di Bukavu, Mons. François-Xavier Maroy Rusengo, sulla situazione attuale del Paese e sull’impegno che essa richiede.
“Beati gli operatori di pace, perche’ saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)
Messaggio di S.E. Mons. Arcivescovo ai fedeli dell’Archidiocesi di Bukavu e alle persone di buona volontà
Introduzione
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Visto l’attuale contesto politico e di sicurezza nella nostra subregione e il clima di violenza che tende a diffondersi nei nostri ambienti, mi rivolgo a voi come vostro Pastore per invitarvi ad affrontare questa situazione come cristiani, come cittadini e come esseri umani presi dalla preoccupazione per una vera pace per il nostro Paese in particolare e per tutta la nostra subregione in generale. Costruiamo insieme la pace, quella che ci viene da Dio, che ne è l’unico dispensatore e che siamo chiamati a condividere con i nostri fratelli e sorelle, chiunque essi siano e dovunque siano.
Sotto gli occhi di tutti
1. L’ora è grave. Un vento di guerra e di insicurezza torna a soffiare in questa parte est del nostro Paese. Sempre gli stessi protagonisti che, con le stesse motivazioni e con gli stessi alleati, esigono delle soluzioni negoziate, una ripartizione dei posti di potere e, forse, anche la spartizione del nostro Paese.
2. I nostri sguardi si concentrano particolarmente sulla situazione molto critica che si è creata in seguito alla recente occupazione della città di Bunagana, nel territorio di Rutshuru, da parte del gruppo armato M23, che ha ripreso le ostilità, in un ciclo infernale di violenze, perdita di vite umane, spostamenti massicci di popolazioni e distruzione del nostro tessuto economico e sociale. È la storia che si ripete!
3. Curiosamente, l’appoggio esterno è sempre lo stesso, con lo stesso schema descritto da tutti e le stesse finalità: la sottrazione di questa parte del Paese al controllo del governo centrale e, forse, la sua annessione pura e semplice ai Paesi vicini. Senza scrupoli viene versato a fiotti il sangue degli innocenti, sangue di persone che non hanno altra colpa che quella di abitare una terra ambita Nell’indifferenza dei potenti, in complicità con alcuni di loro, e talvolta anche con alcuni nostri connazionali : «I nemici della patria – scriveva monsignor Christophe Munzihirwa, già nel 1963 – non sono solo i soldati stranieri armati fino ai denti, ma anche i figli del Paese che non fanno il loro dovere: questi venduti, questi profittatori, i membri di un partito politico che sacrificano ogni valore a beneficio del partito».
Liberaci dal male
5. La dichiarazione di guerra e l’uso legittimo della forza per garantire la pace e la sicurezza sono
funzioni sovrane che spettano esclusivamente allo Stato, tramite l’Esercito e la Polizia. Ogni altro tipo di ricorso alla forza, anche se comprensibile in alcuni casi, resta comunque illegale, immorale e non accettabile.
6. Martin Luther King diceva: «Chi accetta il male senza combattere contro di esso, collabora con esso». È questo male che vogliamo denunciare e combattere, in primo luogo liberandoci noi-stessi da ogni complicità e, in secondo luogo, rifiutando di cedere alla tentazione di ricorrere ad atti barbarici e anarchici, a cui alcuni social network malevoli cercano di spingere gli spiriti deboli.
7. Una visione fatalistica e tronca del Vangelo spinge alcuni a vedere in tutto ciò che accade una volontà di Dio, o anche un castigo; altri a pensare che Dio farà tutto per noi; o a credere che accettare l’ingiustizia sia un dovere cristiano. Non è così. Nonostante i nostri problemi quotidiani, dobbiamo alzare gli occhi per dire: «Troppo è troppo». Ci sono cause per le quali possiamo accettare di morire, come tanti martiri o eroi nazionali.
8. La nostra Chiesa cattolica sente dentro di sé e condivide questo grido del popolo congolese, ricordando con esso cosa ha significato per anni un’occupazione sanguinaria come quella che ci minaccia ancora, e vuole con tutte le sue forze arginare lo spargimento di sangue di tante persone innocenti. Se da un lato, in linguaggio umanitario si parla sempre più di minerali di sangue – contro i quali si è battuta la legge Dood Franck – sarebbe opportuno che si parlasse anche del «potere del sangue versato», come si osserva con noi dal 1996. Infatti, da quella data, per salire al potere, dei fratelli compatrioti non esitano a costituirsi signori della guerra, camminando sui cadaveri dei loro fratelli e sorelle, se necessario con l’aiuto di potenze straniere.
10. Come ho scritto nella mia lettera del 6 giugno 2022, «con una bottiglia d’acqua», vogliamo essere al fianco delle famiglie dei nostri soldati che rischiano la vita per difendere la sovranità del nostro Paese. Non stanno attaccando un paese confinante ma stanno adempiendo la loro missione di proteggere la popolazione sul territorio nazionale nell’esercizio della loro funzione.
11. In questo tempo, il popolo congolese è indignato per l’ambiguità della comunità internazionale nei suoi confronti: gravi violazioni sono state commesse contro il popolo congolese: esse sono documentate dal “Rapporto Mapping”, ma quasi nulla si fa per le sanzioni e la necessaria riparazione. Sul piano politico e diplomatico, da una ventina d’anni, la stessa comunità internazionale ha messo il nostro Paese sotto embargo sulle armi mentre i Paesi che possono attaccarci si procurano armi in abbondanza.
12. Da più di 25 anni, la stessa comunità internazionale ha istituito la missione di mantenimento della pace più costosa del nostro tempo, cioè la MONUSCO. Essa probabilmente costa in media un miliardo di dollari all’anno. La valutazione di questa missione è fatta in relazione ai risultati attesi in termini di pace e sicurezza del nostro popolo o in termini di dimensioni del nostro Paese? Cosa vuole esattamente da noi la comunità internazionale? Signore, liberaci dal male.
Non abbandonarci alla tentazione
13. La nostra forza è nel dono benedetto che Dio ci ha fatto di questo paese grande e bello. Abbiamo il dovere di amarlo, proteggerlo, svilupparlo, assicurargli grandezza e rispettabilità per il suo sviluppo e quello di tutta l’Africa. Non possiamo cadere nella trappola dell’odio etnico e della xenofobia. Sappiamo che le persone semplici del popolo non hanno alcun problema tra loro, anzi spesso disapprovano la politica dei loro dirigenti senza potersi esprimere e, a volte, ne sono esse stesse vittime. Evitiamo quindi di sostituirci alle forze dell’ordine aggredendo degli innocenti. Cerchiamo di essere dei veri operatori di pace. Vigiliamo anche sui nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni, per non correre il rischio di stigmatizzare un intero gruppo, un’intera comunità e un intero popolo. Teniamo sempre conto del principio della presunzione di innocenza, a cui tutti hanno diritto, secondo la legge.
14. In questo tempo, ricordiamoci in particolare degli ultimi messaggi del Servo di Dio, monsignor Christophe Munzihirwa. Il 27 settembre 1996 scriveva: «Restiamo accoglienti verso tutti, per arricchirci vicendevolmente dei molteplici valori apportati dalle differenze etniche. (…) È una follia aggredire persone pacifiche, semplicemente perché sono di questa o quella etnia. Nessuno di noi ha scelto i suoi genitori, e dunque la sua etnia. Le accettiamo e le difendiamo» Le ultime parole che egli ci ha scritto alla vigilia del suo assassinio andavano nella stessa direzione: «Dio non ci abbandonerà, se ci impegniamo a rispettare la vita del nostro prossimo, qualunque sia l’etnia di appartenenza».
Cosa dobbiamo fare?
15. Fedeli dell’Archidiocesi di Bukavu e persone di buona volontà:
– Viviamo il coraggio del Vangelo nella scelta di non albergare mai in noi odio verso nessuno, ma solo la lotta contro il male per amore, la ricerca della pace per tutti.
– Inoltre, costruiamo la convivialità cittadina seguendo questa esortazione del Papa Francesco che invita alla costruzione di una civiltà dell’amore. Nella sua Enciclica “Fratelli tutti” il Papa scrive: «La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi critici» (n. 241) perché «la violenza genera violenza, l’odio genera altro odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile» (n.227)
16. I Responsabili politici
Lo Stato ha il dovere primario di garantire la sicurezza interna e la pace nei confronti di paesi terzi:
– Che siano prese tutte le misure necessarie per porre fine a questo ciclo di violenze basato sulla pratica di premiare i “signori della guerra” che spesso vengono promossi in proporzione del sangue versato.
– Che lo Stato congolese riveda le sue relazioni con la comunità internazionale che tratta il nostro paese come un paese di secondo livello la cui sicurezza e sviluppo contano poco. Al riguardo occorre porsi di nuovo la questione dell’opportunità dell’embargo sulle armi che è imposto alla RDC da decenni e sui risultati della presenza della MONUSCO qui da noi!
– A che punto è lo Stato congolese nella riforma delle forze dell’ordine e di sicurezza, per costituire un esercito repubblicano e non un semplice conglomerato di gruppi armati ribelli mal integrati come è finora?!
– Che dire degli accordi segreti firmati spesso con ribellioni, partiti politici o paesi terzi, che sembrano spesso messi in atto senza previa discussione e ratifica da parte del nostro parlamento?
17. Alla comunità internazionale
chiederemmo più equità e giustizia nei confronti della Repubblica Democratica del Congo e del suo popolo, umiliato e sacrificato sull’altare degli interessi economici e geostrategici e ridotto a una miseria indicibile, pur vivendo in un paese dotato di ogni tipo di risorse. Non è giusto che questo popolo vengano ricompensato in questo modo per l’ospitalità che ha sempre dimostrato nel corso della sua storia passata e recente. Che cessi ogni ambiguità della Comunità internazionale nei confronti della sovranità della Repubblica Democratica del Congo, assolutamente non negoziabile, 62 anni dopo il suo accesso all’indipendenza.
18. In conclusione, fratelli e sorelle, come hanno detto bene i Nostri Vescovi di ASSEPB nel loro ultimo messaggio, «usciamo dal ciclo delle divisioni e delle violenze di ogni genere per entrare, da ora, in un mondo di comunione, di fraternità e missione» (Cf. Goma accoglie papa Francesco, n. 12).
Vi affido alla materna protezione della Vergine Maria, Regina della Pace e Patrona della nostra Diocesi, all’intercessione di San Giovanni Battista, messaggero di grande speranza, e imploro su di voi e su tutti i vostri cari la benedizione del Signore.
Bukavu, 24 giugno 2022, nella solennità della nascita di san Giovanni Battista.
François-Xavier MAROY RUSENGO, Arcivescovo di Bukavu
Discorso originale (formato PDF)
L’articolo Il messaggio dell’Arcivescovo di Bukavu sulla R. D. Congo: “Beati gli operatori di pace…” sembra essere il primo su Solidarietà e Cooperazione CIPSI.