Francesco incontra i partecipanti al sesto incontro globale del Forum dei popoli indigeni, promosso dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD): “Oggi una crisi sociale e ambientale senza precedenti”, ascoltiamo di più le popolazioni native per “imparare dal loro stile di vita”. Il Pontefice lancia un appello ai governi perché ne rispettino i diritti e denuncia: estrattivismo e deforestazione stanno distruggendo le culture aborigene
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Mai ignorare gli indigeni – quello sarebbe un “grave errore”, oltre che “un’ingiustizia” ma, anzi, imparare da loro, dalla loro cultura e dalle loro tradizioni, soprattutto per la salvaguardia della terra. Come nei viaggi in America latina e come nel pellegrinaggio dello scorso anno in Canada, Papa Francesco lancia un grido al mondo in favore delle popolazioni autoctone, emarginate o addirittura contrastate nelle loro stesse terre, ferite da estrattivismo e deforestazione. Gli indigeni, afferma, sono invece il modello da seguire per combattere la “crisi sociale e ambientale senza precedenti” che il mondo vive oggi.
Dovremmo ascoltare di più i popoli indigeni e imparare dal loro stile di vita per capire bene che non possiamo continuare a divorare avidamente le risorse naturali, perché la terra ci è stata affidata perché sia per noi una madre, capace di dare ciò che è necessario a ciascuno di noi per vivere.
Biodiversità
“Il contributo delle popolazioni indigene è quindi fondamentale nella lotta al cambiamento climatico”, rimarca il Papa nel suo discorso interamente in spagnolo. Plaude poi ai lavori del Forum dei Popoli Indigeni, che si sta svolgendo in questi giorni presso la sede dell’Ifad, a Roma. Si tratta di una piattaforma di dialogo in cui i rappresentanti delle popolazioni indigene trasmettono le loro preoccupazioni, richieste e raccomandazioni per migliorare la partnership con l’Ifad e l’efficacia dell’impegno con le popolazioni originarie. Il tema di quest’anno è “La leadership dei popoli indigeni sulle questioni climatiche: soluzioni basate sulle comunità per migliorare la resilienza e la biodiversità”. Questione di stringente attualità dal momento che i popoli indigeni sostengono la biodiversità mondiale: l’80% della biodiversità del pianeta si trova nelle terre dei popoli indigeni.
Crisi senza precedenti
Per il Papa si tratta di “un’opportunità per riconoscere il ruolo critico che le popolazioni indigene svolgono nella protezione dell’ambiente e per evidenziare la loro saggezza nel trovare soluzioni globali alle immense sfide che il cambiamento climatico pone quotidianamente all’umanità”. Purtroppo, osserva Papa Francesco, “stiamo assistendo a una crisi sociale e ambientale senza precedenti”.
Se vogliamo davvero prenderci cura della nostra casa comune e migliorare il pianeta in cui viviamo, è essenziale cambiare profondamente gli stili di vita, sono imprescindibili i modelli di produzione e di consumo.
Urgenti azioni comuni
Oggi più che mai, serve quindi “un processo di riconversione delle strutture di potere consolidate che governano nella società della cultura occidentale e, allo stesso tempo, trasformano le relazioni storiche segnate dal colonialismo, dall’esclusione e dalla discriminazione”. Bisogna dar vita “a un rinnovato dialogo su come stiamo costruendo il futuro del pianeta”.
Abbiamo urgente bisogno di azioni comuni, frutto di una collaborazione leale e costante, perché la sfida ambientale che stiamo affrontando e le sue radici umane hanno un impatto su ciascuno di noi. Un impatto non solo fisico, ma anche psicologico e culturale.
Rispettare dignità e diritti
L’appello è diretto ai governi perché possano “riconoscere i popoli indigeni di tutto il mondo, con le loro culture, lingue, tradizioni e spiritualità”, e “rispettare la loro dignità e i loro diritti, sapendo che la ricchezza della nostra grande famiglia umana consiste proprio nella sua diversità”.
Ignorare le comunità originali nella salvaguardia della terra è un grave errore, è il funzionalismo estrattvista, no? Per non dire una grande ingiustizia.
Una giusta transizione
D’altra parte, sottolinea il Pontefice, “valorizzare il loro patrimonio culturale e le loro tecniche ancestrali ci aiuterà a intraprendere la strada di una migliore gestione ambientale”. A questo proposito, reputa “encomiabile” il lavoro dell’IFAD per assistere le comunità indigene in un processo di sviluppo autodeterminato, in particolare attraverso il Fondo di sostegno alle popolazioni indigene. Tuttavia, afferma, “questi sforzi devono essere moltiplicati e accompagnati da un processo decisionale decisivo e lungimirante”. Il fine è di realizzare “una giusta transizione”.
Vivere bene e in armonia
Il Papa si distacca dal discorso scritto e a braccio riflette su “due parole chiave: vivere bene e armonia”. “Vivere bene non è il dolce fare niente, la dolce vita della borghesia distillata, no, no”, dice. “È vivere in armonia con la natura. È vivere in armonia con la natura, sapendo cercare, non l’equilibrio, no, più che l’equilibrio, l’armonia, che è superiore all’equilibrio. L’equilibrio può essere funzionale, l’armonia non è mai funzionale, è sovrana in sé.”
Sapere come muoversi in armonia è ciò che dà la saggezza che chiamiamo la buona vita. Armonia tra una persona e la sua comunità, armonia tra una persona e l’ambiente, armonia tra una persona e tutto il creato.
Le ferite di estrattivismo e deforestazione
Contro questa armonia ci sono delle ferite evidenti “che – denuncia Papa Francesco – stanno distruggendo i popoli”: “Estrattivismo, nel caso dell’Amazzonia”, estrattivismo delle miniere, e “deforestazione”. “Cercate sempre l’armonia”, è l’invito del Papa. “Quando le persone non rispettano il bene del suolo, il bene dell’ambiente, il bene del tempo, il bene della vegetazione o il bene della fauna, quel bene generale, quando non lo rispettano, cadono in posizioni non umane, perché perdono quel contatto con la madre terra. Non in senso superstizioso, ma nel senso di ciò che ci dà cultura e ci dà armonia”.
Le culture aborigene non devono essere convertite in una cultura moderna, no. Devono essere rispettate e… Devono rispettarli e… due cose: camminare sulla loro strada di sviluppo e, in secondo luogo, ascoltare i messaggi di saggezza che ci danno. Perché è una saggezza non enciclopedica. È la saggezza di vedere, ascoltare e toccare nella vita quotidiana.
Lottare per l’armonia
Da qui un incoraggiamento a “luchar“, a “lottare” per proclamare questa armonia. “Questa politica funzionalista, questa politica dell’estrattivismo la sta distruggendo. E che tutti noi possiamo imparare dal buon vivere in questo senso armonioso dei popoli indigeni”, conclude Francesco. Assicura quindi le sue preghiere e ne chiede per sé: “E se qualcuno di voi non prega, mandatemi buone vibrazioni, ne abbiamo bisogno qui”.
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