“25 storie di accoglienza”: quando la speranza diventa forza politica

di Giulia Maria Mastrotucci, volontaria del Servizio Civile Universale – Progetto Italia: “Gesti di cura: comunità solidali coi migranti” presso Solidarietà e Cooperazione CIPSI.

In un’Italia attraversata da dibattiti sul tema delle migrazioni, il libro “25 storie di accoglienza, solidarietà, autonomia” arriva come un respiro di umanità. La sua presentazione, tenutasi il 26 settembre a Piazza Vittorio durante il Festival Multi, è stata un momento di riflessione collettiva, ma anche un racconto concreto su ciò che accade quando la società sceglie di tendere la mano. La presentazione è stata moderata da Fabrizio Tonello, curatore del libro, e Giansandro Merli, il Manifesto.

L’idea alla base del volume è semplice e potente: dare voce a storie difficili, ma riuscite, che mostrano come grazie al sostegno delle famiglie, delle associazioni e delle comunità locali, l’integrazione dei migranti possa diventare un processo meno disumano e più partecipato. “Nel 2018 qualcuno diceva ‘prendeteveli in casa’ e la società civile ha risposto: lo stiamo già facendo”, ha ricordato uno degli interventi.

Tra le pagine emergono volti e percorsi diversi: quello di Cristabel, ad esempio, una giovane ragazza accolta da due tutrici volontarie. Con il tempo si diploma, si iscrive all’università, trova un lavoro e realizza un piccolo sogno personale: imparare a nuotare. Le sue due tutrici diventano una famiglia, simbolo di un’accoglienza fatta di relazioni e fiducia reciproca.
Il libro mostra anche le motivazioni della partenza: non solo guerre e povertà, ma anche desideri personali, sogni, persino l’amore. “Ogni storia è unica, e i motivi del viaggio sono molti di più di quelli che immaginiamo”.
Dalle testimonianze affiora la difficoltà dei percorsi migratori, come quelli degli afghani che impiegano anche dieci anni per raggiungere l’Italia. Storie segnate da sofferenza, ma anche da speranza, quella stessa che il cardinale Matteo Zuppi ha definito “una forza politica”.

Il volume racconta l’esperienza dell’accoglienza in famiglia, una pratica di cui si parla ancora troppo poco. Un modello che consente ai giovani migranti di accedere più facilmente a servizi, relazioni e opportunità lavorative. È il caso di Morris, ragazzo con doppio cognome italiano e nigeriano, che ha attraversato una storia familiare complessa e oggi testimonia quanto la convivialità possa fare la differenza: “All’inizio non capivo che dovevo tornare a casa per pranzo e cena, da noi si lascia il cibo in cucina. Poi ho imparato che anche questo è un modo per stare insieme”.
Durante l’incontro si è parlato anche del programma “Vesta” del Comune di Bologna, nato per incentivare l’accoglienza in famiglia, soprattutto per i neomaggiorenni, in un periodo in cui l’Italia era chiamata a garantire protezione a tutti i minorenni stranieri non accompagnati.

Il libro non tace sulle contraddizioni di un sistema che rende molte persone ricattabili e prive di diritti, tra decreti flussi inadeguati e misure di dissuasione che significano, nei fatti, torture, stupri e morti in mare. Non manca un riferimento alle parole di chi ha proposto un “permesso di soggiorno a punti”, che renderebbe istituzionale una condizione di minorità permanente.

“Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino”, recita un proverbio africano ricordato durante la presentazione. E forse è proprio questo il senso di questo libro: mostrare che un altro modello è possibile, basato non sulla paura ma sulla solidarietà. In un tempo in cui la crudeltà verso i migranti viene spesso esibita come forma di potere, si sceglie la strada opposta: raccontare la speranza come un atto politico. Perché accogliere non è solo un gesto di solidarietà, ma un modo per rendere più umano il mondo in cui viviamo.

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