Teatrino Politico

Guerre dimenticate – RDC

Il 22 maggio c.a. l’assemblea del Senato congolese, dopo aver ascoltato il rapporto dettagliato presentato dall’Auditorato militare, ha votato quasi all’unanimità la risoluzione che toglie all’Ex-Presidente Kabila le immunità di cui disponeva, autorizzando la giustizia militare a procedere a delle azioni giudiziarie contro di lui.

Su 96 Senatori che hanno partecipato al voto, ben 88 si sono pronunciati a favore, 5 contro e 3 sono stati dichiarati nulli.

È la prima volta nella storia del Congo che un ex capo di Stato eletto è incriminato dall’Alta Corte Militare per partecipazione a un Movimento insurrezionale (l’AFC/M23), tradimento e presunta implicazione in crimini di guerra.

Dietro questo terremoto istituzionale si cela la rottura politica definitiva tra l’attuale Presidente Tshisekedi e il suo predecessore presentato ormai come l’alleato oggettivo degli aggressori della Nazione.

Nella serata di questo stesso giorno, Kabila, dopo non aver ottemperato alla convocazione che gli era stata rivolta per difendersi, è uscito dal suo silenzio rivolgendo in tono grave al popolo congolese un lungo e articolato discorso nel quale ha vivamente criticato il regime del suo successore Felix Tshisekedi e proposto un “patto sociale” in 12 punti per salvare il Congo dalla crisi.

Kabila ha giustificato questo suo intervento con l’intenzione di rispondere alla “gravità della situazione nella quale si trova il Paese”

“Tacere ancora sarebbe un crimine contro la storia!”.

L’Ex Capo di Stato, che ha governato il Paese per ben 18 anni dal 2001 al 2019, accusa il regime al potere di aver “dilapidato” l’eredità dell’alternanza pacifica avvenuta nel gennaio del 2019. Denuncia una “deriva autoritaria”, una “concentrazione eccessiva del potere” e uno “sfascio della coesione nazionale”.

Critica la Giustizia che qualifica “sottomessa” e “strumentalizzata”, e il Parlamento divenuto, secondo lui, una “cassa di risonanza” del potere.

Fustiga la gestione economica attuale marcata dalla crescita dell’inflazione, l’aumento del debito e la recrudescenza della povertà.

Sul piano della sicurezza denuncia il ricorso ai “Gruppi armati”, “le milizie tribali” e “le forze straniere” a detrimento dell’armata nazionale “umiliata e privata di considerazione”, evocando anche i massacri impuniti, come a Makala, a Goma e a Kilwa. A conclusione del suo discorso, fa appello a un “soprassalto patriotico” contenuto nel patto “patto sociale” da lui proposto che si articola in dodici punti;  tra questi, “la fine della tirannia”, la restaurazione dello stato di diritto, la riconciliazione nazionale, il ritiro delle truppe straniere e l’arresto dell’utilizzazione dei Mercenari. Chiamando a una mobilizzazione nazionale attorno a questi obiettivi, Kabila assicura di voler “giocare il suo ruolo e dare il suo contributo all’opera di ricostruzione del Paese”, sottolineando che “il Congo vale molto di più della caricatura che ne danno gli attuali Dirigenti”.

Leggendo questo intervento, viene come al solito da pensare come spesso in politica, anche in Africa, si facciano dei bei discorsi pieni di ideali, ma che purtroppo contrastano totalmente con la realtà dei fatti.

Le reazioni a questo discorso di Kabila non si sono fatte attendere.

Uno dei primi ad intervenire è stato Eugène Diomi Ndongala, uno dei tanti perseguitati sotto il regime di Kabila, che ha qualificato questo discorso “uno spettacolo teatrale rivoltante”.

«Io che sono stato una vittima diretta del suo regime autoritario, io che sono stato imprigionato, umiliato, spoliato di tutti i miei beni e ridotto al silenzio per aver osato denunciare i suoi abusi e le sue elezioni non libere, non posso non reagire che con diffidenza e indignazione” – ha dichiarato. “È una ipocrisia incredibile!”.

“Oggi si presenta come “martire” – continua il leader della DC (Democrazia cristiana) – “Proprio lui che ha fatto imprigionare più di 700 oppositori politici e che durante il suo regno ha ordinato la repressione brutale delle marce pacifiche, come quelle dei cristiani ammazzati senza pietà.”

E prosegue deplorando come oggi voglia dipingere il suo regime come “l’età dell’oro”, parlando di un “Congo riunificato, pacificato, con una economia dinamica e una armata professionalizzata”.

“Che Farsa! Sotto il suo potere ho visto un Paese spaccato dai conflitti all’est dove le milizie prosperavano, mentre l’armata nazionale, mal equipaggiata e corrotta, era incapace di proteggere i cittadini. Ho visto le elezioni truccate del 2006, 2011 e 2018, la corruzione generalizzata, i massacri, le fosse comuni, i diritti umani calpestati…

Questa è la vera eredità di Kabila!”

Diomi riconosce i gravi difetti e i fallimenti di Tshisekedi, ma non tollera che sia proprio Kabila a giocare il ruolo del moralista.

“Io che ho pagato il prezzo della sua tirannia, dico oggi e a voce alta: Quest’uomo non ha nulla da offrire al Congo se non più divisione e disillusione!”

Che tirata tremenda!

Per sobrietà credo sia inutile aggiungerei testi di altre reazioni, nonostante siano tutti molto significativi, anche se emotivamente meno intensi.

GB

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