IL SOSTEGNO A DISTANZA – SAD – PREANNUNCIO E SEGNO DEL MONDO FUTURO

Il Sostegno a Distanza (SAD), è inteso comunemente solo come un gesto di aiuto economico o materiale rivolto, da chi possiede di più, a individui o comunità in difficoltà, per avviarli verso un’emancipazione integrale.

È inteso “a senso unico” (anche se non necessariamente dall’alto verso il basso) ed è vissuto fondamentalmente come un gesto puntuale, mese per mese, quando si invia la cifra che si può sostenere economicamente. L’aspetto materiale, a prima vista, ha il ruolo fondamentale e può prendere il sopravvento; per questo è importante che l’organizzazione, che fa da tramite a quel gesto, indichi continuamente al donatore la profondità nascosta, la parte più spirituale, quella della sorgente nel cuore per quel gesto, che così incide in modo positivo anche nella sua stessa vita.

Partendo da quest’ultimo punto di vista, quello spirituale, possiamo arrivare a comprendere, con maggiore o minore chiarezza, che il Sostegno a Distanza è un sostegno reciproco, che trova le sue radici più profonde in un principio universale di uguaglianza e condivisione.

La Bibbia esprime così quel principio: Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno. È Paolo di Tarso che parla così, riprendendo l’episodio, raccontato nel libro dell’Esodo, della manna nel deserto. E lo inserisce dentro una richiesta che stava facendo alla comunità cristiana di Corinto, proprio sul Sostegno a Distanza (…!), perché aiutasse economicamente la comunità di Gerusalemme, che stava vivendo una grave crisi. Ecco il testo integrale, magistralmente espresso nella Seconda Lettera ai Corinzi (2 Cor 8, 13-15):

Non si tratta di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno.

Questa esortazione, letta in profondità, non è semplicemente un invito alla carità, ma una vera e propria visione d’insieme della vita umana, una chiamata ad essere “spirituali” anche con il gesto materiale, perché richiama al valore infinito dell’uguaglianza, e per costruire un equilibrio dinamico e reciproco all’interno della comunità.

È un’espressione storico-sociale fondamentale per rendere palese quello che Paolo, accogliendo convintamente la proposta del suo maestro, Gesù il Cristo, chiamava il “Regno di Dio”.

Uguaglianza, non carità a senso unico

L’obiettivo dunque non è impoverire alcuni per arricchire altri, ma “fare uguaglianza”. Non si tratta di una parità assoluta e forzata, bensì di una condizione in cui le risorse e le opportunità sono distribuite in modo tale che nessuno si trovi in uno stato di eccessiva ristrettezza mentre altri vivono nell’abbondanza.

Secondo noi, però, la novità assoluta del SAD è che, mentre questo sforzo materiale – sorretto e sospinto dal senso fortissimo di giustizia e di fraternità di tanti – si realizzerà comunque in modo incompleto a livello storico-materiale (pur con una tensione verso il suo compimento), avviene qualcosa di non previsto, né voluto: coloro che si sono avvicinati ai poveri con un vero, gratuito e fattivo senso di solidarietà, ricevono da loro, dai poveri, un dono spirituale dal valore incalcolabile, ben superiore a qualsiasi dono materiale che essi potranno elargire a piene mani.

Tutti, sottolineo “tutti”, i volontari che si sono succeduti in questi primi 25 anni nel nostro progetto in Guatemala (www.sullastrada.org), sono andati via con un nodo alla gola e con questo grido: Quanto abbiamo ricevuto, quanto! Molto di più di quello che noi abbiamo portato! E si parla anche di medici che hanno salvato la vita a tanti, tra i poveri, che pativano malattie che li stavano portando alla morte… Una ragazza italiana di 18 anni, poi, dopo aver passato un periodo di volontariato in Guatemala, nel viaggio di ritorno mi fece questa domanda: Come mai io, che posso soddisfare ogni mio capriccio, sono sempre insoddisfatta, mentre quei bambini, che non possono soddisfare le loro esigenze primarie, sono sempre felici?

La conclusione è che la vera natura del SAD non è un atto unidirezionale di assistenza, ma un meccanismo simile a quello dei vasi comunicanti, per cui ciò che è contenuto in uno dei vasi si riversa subito nell’altro e viceversa: il SAD riequilibra  le disuguaglianze – materiali e spirituali – esistenti nel mondo a causa degli attuali meccanismi politico-economci strutturali, che stridono con la nostra umanità e che comunque mantengono anche noi, abitanti del Primo Mondo (che impone quei meccanismi), nell’insoddisfazione e nella nostalgia di una vita buona per tutti.

La chiave di lettura risiede dunque nella reciprocità: per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza. Come detto, Paolo introduce qui un concetto rivoluzionario: chi oggi si trova in una posizione di abbondanza (economica, materiale, ma anche di conoscenza o opportunità) ha il compito di supportare chi è nel bisogno. Tuttavia, questa non è una strada a senso unico. Esiste un’altra dimensione del dono, in cui l’abbondanza umana di coloro che ora sono indigenti economicamente potrà a sua volta supplire alla nostra insoddisfazione e alla nostalgia di cui parlavo poco fa. Questa “abbondanza” può manifestarsi in forme diverse: una ricchezza spirituale, una resilienza profonda, una saggezza tramandata o la capacità di esprimere una gratitudine genuina e trasformativa.

L’esperienza in luoghi come il Guatemala, dove progetti di riscatto per bambini lavoratori sono in atto, ne è la prova vivente. Qui si comprende che le popolazioni più povere non sono solo destinatarie di aiuto, ma sono fonte di un arricchimento diverso, ma dal valore inestimabile. La loro semplicità, il loro rapporto vitale con la Natura, la loro capacità di ringraziare con autenticità – specialmente quando l’aiuto è offerto in modo orizzontale, empatico, come in una famiglia in cui si condivide ciò che ciascuno possiede – sono doni preziosi. L’amore e la comprensione che nascono da questi scambi rafforzano il legame tra le persone, rendendo ancora più impellente il bisogno di stabilire una maggiore uguaglianza strutturale nell’intera società umana. E anche questo, potremmo dire, non è poco!

Il Sostegno a Distanza, in quest’ottica, diventa uno strumento per promuovere un ciclo virtuoso di mutuo soccorso, dove il fine ultimo è sempre l’uguaglianza, intesa come una condizione in cui le necessità di base sono soddisfatte per tutti. In sintesi, il messaggio di San Paolo è un potente invito alla solidarietà attiva e alla giustizia distributiva.

Oltre il Sostegno Individuale: Costruire un Mondo Nuovo

L’impegno nel Sostegno a Distanza, o nel suo sviluppo, deve dunque andare ben oltre la mera assistenza a una singola famiglia, a un ragazzo o una ragazza, a una scuola o a un villaggio specifico. La visione deve ampliarsi, abbracciando un disegno molto più articolato, complesso e integrale. Questo impegno si inserisce in una prospettiva più grande: la costruzione di un mondo nuovo e di un’umanità nuova. Proprio quello che Gesù chiamava Regno di Dio. In questo senso, il SAD è preannuncio e segno del mondo futuro.

Questa consapevolezza è trasformativa. Coloro che si dedicano al SAD, se abbracciano questa visione più ampia, diventano strumenti di qualcosa di ben più grande di loro stessi e della storia di chi stanno sostenendo.

Il progetto di Sostegno a Distanza, da un semplice atto di beneficenza, si eleva a un disegno più complesso e fondamentale per il futuro del mondo. Non si tratta solo di alleviare la sofferenza immediata di questo o di quello, ma di contribuire attivamente a un cambiamento strutturale e culturale che porti a una maggiore equità e dignità per tutti. Dunque, ancora una volta, agire localmente, ma pensare globalmente!

Il SAD, quindi, non è un fine in sé, ma un catalizzatore per lo sviluppo di una coscienza collettiva che riconosca l’interconnessione profonda tra tutti gli esseri umani. Quando si sostiene un bambino in una terra lontana, si sta in realtà investendo in un futuro condiviso, in cui le disparità vengono progressivamente colmate e la dignità umana è universalmente rispettata. Questo implica un impegno non solo economico, ma anche emotivo e intellettuale, che porta a comprendere le cause profonde delle disuguaglianze e a lavorare per la loro eradicazione. Diciamocelo chiaro, il SAD dovrebbe portare a una vera e propria rivoluzione nella vita di chi lo offre, ad una sua intima e radicale conversione. Le resistenze da vincere sono tante, ma con tutto ciò che è stato detto sul SAD, vale proprio la pena impegnarsi anche (e soprattutto) in quella direzione.

La Trasformazione Personale e Collettiva attraverso il SAD

L’esperienza del Sostegno a Distanza, se vissuta con questa profonda consapevolezza, innesca dunque una trasformazione sia personale che collettiva. A livello individuale, chi si impegna in questo percorso sviluppa una maggiore empatia, una comprensione più profonda delle realtà altrui e un senso di responsabilità globale. Si rompono le barriere geografiche e culturali, e si scopre una comune umanità che unisce tutti gli individui e popoli, indipendentemente dalla loro provenienza o condizione sociale.

A livello collettivo, il SAD, inteso in questa nuova prospettiva, favorisce la creazione di reti di solidarietà che superano i confini nazionali. Contribuisce a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sfide globali, promuovendo una cultura della condivisione e della cooperazione. Questo tipo di sostegno non si limita a fornire assistenza materiale, ma stimola anche lo sviluppo di competenze locali, l’empowerment delle comunità e la promozione di progetti sostenibili che possano generare autonomia e benessere a lungo termine.

In definitiva, il Sostegno a Distanza, quando radicato nei principi di uguaglianza, reciprocità e visione globale condivisa, diventa uno strumento potente per forgiare un futuro più giusto e umano. Non è un atto isolato di generosità, ma un tassello fondamentale in un mosaico ben più grande: la costruzione di un mondo nuovo, dove l’abbondanza di alcuni e l’indigenza di altri si equilibrano in un ciclo virtuoso di mutuo arricchimento e dignità per tutti. È un impegno per la giustizia, l’amore e la creazione di una società dove “colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno”, non per privazione, ma per una condivisione necessaria, equa e trasformativa.

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