I ragazzi in servizio civile quest’anno si presentano (8 – fine)

Marta Bellofatto

Marta Bellofatto (Progetto CIAI, Cambogia: “I diritti dell’infanzia
vulnerabile in Cambogia”)

LA
GIUSTIZIA NEGLI OCCHI

Minuta, un viso
dolce e lunghi capelli scuri, mi sorride e subito incontro il suo sguardo
solido e rassicurante. È Marta, una ragazza di 25 anni in partenza con il
progetto “Diritti dell’infanzia vulnerabile in Cambogia”. Non
distoglie mai i suoi occhi dai miei e, mentre mi racconta dei suoi sogni e
progetti, mi trasmette tutta la sua passione per il mondo della cooperazione. È
determinata non solo a farne la sua futura professione, ma, soprattutto, uno
stile di vita da trasmettere al prossimo.

Parlami un po’
delle tue passioni.

Sono un po’ una
stakanovista. Spesso nel tempo libero non riesco a stare ferma e ho bisogno di
fare attività che ritengo utili. Quindi leggo in lingua, perché voglio
migliorare, e mi documento su quello che sta succedendo nel mondo. Poi mi piace
molto stare in contatto con la natura, appena ho l’occasione faccio delle
escursioni. Ma direi che oggi la mia più grande passione è la cooperazione, che
non vedo solo come un lavoro ma, soprattutto, come uno stile di vita che
rispecchia la mia persona.

Che cosa hai
studiato?

In triennale
mediazione linguistica, mentre a luglio ho conseguito la laurea magistrale in
Relazioni internazionali. Successivamente ho fatto tre mesi di esperienza di
lavoro presso una Ong in Spagna, a Santiago de Compostela.

Quindi perché hai
scelto di candidarti al Servizio Civile Universale nonostante stessi già
lavorando nel tuo campo di studi?

Perché ritengo
che sia una grande opportunità di crescita, sia professionale che personale. Il
mio sogno è quello di lavorare nella cooperazione e, nello specifico, la mia
ambizione più grande è quella di diventare capo progetto. Quindi sono davvero
motivata a fare un’esperienza sul campo di lungo periodo nei cosiddetti paesi
“sottosviluppati”. Non solo per formarmi e imparare il più possibile,
al fine raggiungere i miei obiettivi, ma anche per avere una prospettiva di
vita diversa da quella che ho sempre avuto. Gli studi che ho fatto mi hanno
portata a essere disgustata dal sistema in cui viviamo. È un sistema diseguale,
caratterizzato da una frattura tra nord e sud del mondo, e ritengo che questo
sia profondamente ingiusto. Per questo vorrei fare un lavoro che poi diventi
anche uno stile di vita, in cui io possa dare il mio piccolo contribuito per
cercare di cambiare le cose. Perciò penso che la cooperazione sia fondamentale.
Cooperare, lo dice il termine stesso, significa mettersi insieme e cercare di
cambiare le cose, per quanto possibile.

Perché hai scelto
il progetto sulla scolarizzazione in Cambogia?

Perché leggendo
tutti i progetti questo era quello che mi interessava di più, soprattutto in
relazione al profilo professionale che proponeva. Infatti, si ricercava un
volontario che andasse a coprire il ruolo di assistente al capo progetto.
Quindi l’idea di poterlo affiancare ogni giorno, seguire i suoi passi e
imparare da lui mi attirava molto. Ora sono davvero entusiasta di questa scelta
perché, nonostante non stessi tenendo molto in considerazione il Sud est
asiatico, rispetto molto la cultura buddhista e mi riconosco nei suoi principi.
Inoltre, essendo questa la mia prima esperienza sul campo, sono felice di poter
intervenire in un paese stabile e tranquillo.

Quindi sei
emozionata al pensiero della tua imminente partenza?

Sono molto
entusiasta, ma non posso nascondere di avere alcune paure. Per esempio, la
paura di non sopportare la differenza, oppure la paura di non riuscire ad
imparare tutto quello che vorrei e a renderlo utile per la mia vita e la mia
carriera professionale. Ma riconosco che è normale avere delle paure e, allo
stesso tempo, non vedo l’ora di intraprendere questo percorso. 

Spiegami che cosa
ti aspetti da questa esperienza.

Vorrei non avere
aspettative, ma, purtroppo, ammetto che non ci riesco. Questa è una delle mie
paure. Paura di non riuscire a rispondere alle mie aspettative, di rimanere
delusa. La mia aspettativa è quella di apprendere la professione che voglio
svolgere in futuro. Inoltre, spero di riuscire ad adattarmi a un contesto
completamente diverso dal mio e di tornare a casa sentendomi migliorata, con
un’altra visione della vita. Anche adesso posso affermare con certezza quanto
sia ingiusto che il nord e il sud del mondo abbiano due stili di vita
completamente diversi, ma viverlo e vederlo è sicuramente molto diverso. Spero
che, una volta tornata, possa davvero fare mia questa consapevolezza ed essere
in grado di dare il mio piccolo contribuito. Spero, inoltre, che questa
esperienza mia dia gli strumenti per riuscire a operare affinché ci sia
maggiore giustizia sociale. Questo rispecchia la mia visione del mondo, auspico
a un mondo in cui ci sia maggiore giustizia.

Cosa speri di
riuscire a trasmettere di tuo, di Marta?

Una qualità che
sicuramente penso di possedere è quella dell’empatia. Mi auguro quindi di
riuscire a sfruttare questa mia capacità per poter essere utile ad altre
persone. In particolare, spero di riuscire a entrare in contatto con la
popolazione locale e con i beneficiari del progetto. Spero di riuscire a far
sentire loro che siamo parte di una stessa umanità e allo stesso tempo di
sentirlo io, in un rapporto di reciprocità. Da un lato questo lavoro può
suonare paradossale: con che arroganza posso io, da privilegiata del nord del
mondo, affermare di poter capire e aiutare una persona del sud del mondo?
Vorrei quindi riuscire a mettermi allo stesso livello della popolazione locale,
creando un rapporto orizzontale. Bisogna rimuovere le categorie del
“noi” e del “loro”, perché siamo tutti parte di una stessa
umanità.

Trascorso un anno
di Servizio Civile in Cambogia, come pensi che sarà tornare in Italia?

Penso che sarà difficile. Come già dicevo, sono disgustata dal fatto che il nord del mondo viva nello spreco e nell’eccesso a differenza del sud del mondo che vive, invece, in una condizione di penuria e mancanza di diritti basici. Quindi immagino che una volta tornata sarà ancora più difficile accettarlo. Forse sono quasi più preoccupata del rientro che dello shock culturale iniziale. Certo, quello ci sarà e mi preoccupa, ma spero di essere in grado di gestirlo. So che ci metterò tutto l’impegno possibile!

a cura di Cristina Cascarano

Raja Mraihi

Raja Mraihi (Progetto Time for Africa,
Udine: “Migr-azioni in Friuli”)

RAJA: REALTA’ E ASPETTATIVE DI UNA CITTADINA ITALO-TUNISINA

Grazie al corso di formazione generale ho avuto la fortuna di conoscere Raja, una ragazza di 19 anni. Forte, solare, carismatica, ha lunghi capelli lisci color castano chiaro, sempre con il sorriso, molto ordinata e gentile. Nata e cresciuta in Tunisia, nel 2017 si trasferisce a Udine con la sua famiglia per via del lavoro del padre. Frequenta il Liceo scientifico, indirizzo scienze applicate, e i professori sono soddisfatti del suo rendimento. Raja sogna di diventare medico. Ascolta la musica rap tunisina e francese, le piace disegnare e vorrebbe viaggiare. Un giorno conosce il brillante insegnate di Filosofia di sua sorella Nesrin che porterà entrambe a intraprendere una nuova avventura.

Come sei venuta a conoscenza del servizio
civile?

Tutto iniziò quando il professore di filosofia
propose a me e mia sorella di fare una presentazione sulla Palestina e sulla
cultura araba, presso la biblioteca “Time for Africa”. Accettammo la proposta e
con grande curiosità ci mettemmo all’opera. Mentre ci trovavamo alla
biblioteca, il nostro docente ci invitò a prendere in considerazione
l’opportunità di presentare la domanda per il servizio civile universale. Con
il suo aiuto completammo la procedura d’iscrizione e iniziammo così questa
nuova esperienza.

Qual è il tuo progetto e dove svolgerai
l’attività di servizio civile?

Il nome del progetto è “Immigrazione in Friuli” e
si svolgerà presso la biblioteca di Udine.

Cosa pensi del volontariato?

Il volontariato è un’opportunità di scambio
reciproco, che ci permette di metterci in relazione e attraverso il dialogo
venire a conoscenza di nuovi pensieri, usi e costumi. L’opportunità che ho
avuto di venire in Italia mi ha consentito di maturare un senso di
responsabilità nei confronti della mia cultura, pertanto sento il bisogno di
sensibilizzare il prossimo sull’interculturalità. Le mie precedenti esperienze
di volontariato, come mediatrice linguistica con una famiglia siriana e un
ragazzo palestinese, mi hanno aperto gli occhi verso una nuova realtà: oggi mi
sento completamente una cittadina italo-tunisina.

Il cambiamento di vita dalla Tunisia all’Italia
ti ha arricchito? 

In Tunisia avevo una visione più scientifica della
vita e soltanto le esperienze di volontariato vissute in Italia mi hanno aperto
gli occhi verso una prospettiva più umana e solidale. Quest’anno avrò
l’occasione di imparare cose nuove e, grazie alle giornate di formazione
generale a Roma, sento già il forte desiderio di fare un’esperienza all’estero
al servizio del prossimo, per confrontarmi, ancora una volta, con una realtà
diversa.

Avendo sperimentato in prima persona
l’esperienza dell’emigrazione, cosa pensi dell’accoglienza e come ci si
dovrebbe comportare?

Secondo la mia esperienza, ritengo sia fondamentale
che la società accogliente abbia programmi di formazione per gli immigrati,
così da poter favorire la loro integrazione all’interno della società in modo
efficace. Penso, inoltre, che entrambe le parti debbano possedere un uguale
livello di conoscenza riguardo le rispettive culture. È essenziale che tutti si
sentano a proprio agio, senza il rischio di alcun tipo di conflitto.

Sogni da realizzare?

Desidero viaggiare molto e conoscere a fondo questo
mondo così grande, che nasconde tante diversità. Mi piacerebbe andare in
Palestina per scoprire una cultura simile alla mia, ma che ancora non conosco a
fondo. Mi sento in dovere di osservare da vicino la situazione attuale dei
cittadini palestinesi. Vorrei, in futuro, comunicare al mondo la vera versione
dei fatti e non solo le tragiche notizie che trasmettono i media.

Raja sogna ad occhi aperti ed è per questo che
spero si realizzi nella vita.

a cura di Lorenzo Attacchi

Mattia Anselmo

Mattia Anselmo (Progetto Fo.Co: “Siate i benvenuti”)

LA DINAMICITA’ DI MATTEO

Ciao Mattia, parlami di te.

Ciao Sara, ho 24 anni, vivo a Rogliano in provincia di
Cosenza con i miei genitori e mio fratello.

Che tipo di persona sei?

Mi definisco una persona abbastanza ragionevole e
prudente, soprattutto nei momenti che lo richiedono. Ma divento irascibile solo
in casi estremi. Sono anche molto sincero e determinato sulle mie idee.

Hai qualche hobby o interesse?

Sì, sì, ho frequentato un corso di garden designer e
mi sono molto appassionato a questo settore.

Pratichi qualche sport?

Ci tengo molto all’attività fisica, infatti faccio
palestra e varie attività con la quale mi tengo fisicamente attivo.

Che genere di attività pratichi?

Mi piace molto fare le ciaspolate in montagna,
escursioni di tutti i tipi, come i campeggi. Faccio parte degli scout. Tutto
questo mi rilassa e mi diverte allo stesso tempo.

Quindi pratichi molte attività all’aria aperta…

Sì, io amo molto la natura. Spesso quando passeggio mi
piace ascoltare un po’ di musica.

Che ambizioni hai per il futuro?

L’ambizione più grande è girare il mondo. Viaggiare e
scoprire nuove culture e tradizioni.

Da quando hai iniziato il servizio civile, cosa ti ha
colpito maggiormente?

Scoprire cose che non conoscevo. Mi piace molto
interagire con i ragazzi, curiosando sulla loro cultura e magari insegnandogli
la nostra.

Quindi hai qualche progetto in mente per i ragazzi?

Sì, vorrei mostrargli la Sila, il nostro mare e
renderli completamente partecipi della quotidianità del paese, con l’obiettivo
di integrarli nelle nostre feste di paese.

Per concludere, dove ti vedi tra 10 anni?

Sicuramente a lavorare con i ragazzi in comunità e magari
con un piccolo studio di garden designer. Sarebbe il massimo!

a cura
di Sara Mineo

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Source: Cipsi

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