NON SIAMO “TAPPABUCHI”. L’editoriale del n. 4 di Solidarietà internazionale

Non siamo “tappabuchi”, di Guido Barbera

All’alba del quarto
giorno, dopo accesi dibattiti, confronti e ricatti reciproci tra i ventisette
capi di stato, l’Europa si è finalmente risvegliata “solidale”, e l’Italia
soddisfatta con 209 milioni di euro tra prestiti e contributi, ben più di
quanto sperato in partenza.

Non sempre però, come
dice il detto, l’abito fa il monaco. Se sono importanti le risorse a
disposizione, l’accordo non garantisce però la capacità di saperle utilizzare
bene. Possiamo e dobbiamo costruire un’autentica Europa solidale, tutti
insieme, attraverso un riconoscimento e coinvolgimento democratico diretto dei
cittadini nelle scelte politiche, tramite il Terzo Settore. Nessuno, più delle
aggregazioni del terzo settore, conosce il contesto e i problemi della vita
quotidiana dei cittadini, e nessuno più di queste realtà ha le capacità e le
possibilità di sviluppare e gestire i processi di cambiamento sociale
necessari.

È tempo di liberarci da
un’identità di Terzo Settore “tappabuchi” nelle emergenze o verso le tante carenze
sociali, per riconoscere e assumere un ruolo educativo, politico e di servizio.
Le emergenze
che viviamo oggi pongono sfide nuove, spesso anche difficili da comprendere.
Dobbiamo imparare a vivere i problemi come sfide, non come ostacoli. Dobbiamo
abbandonare completamente ogni approccio distruttivo e conflittuale, per
imparare a dialogare, a fare qualcosa insieme, a cambiare insieme. Oggi non
viviamo un’epoca di cambiamento, quanto piuttosto un cambiamento d’epoca. Non c’è
più tempo da perdere.

Esserci in prima
persona, condividere, coinvolgere. Questi sono i tre punti per costruire una
realtà di Italia e di Europa solidali, per ripartire dalle ceneri lasciate
dalla pandemia Covid-19. Mai come ora dobbiamo unire gli
sforzi di tutti per ricostruire un’ampia alleanza educativa per formare persone
mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni. E ricostruire il
tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna e solidale, in grado di favorire
la creatività e la responsabilità per una progettualità di lunga durata, formando
persone disponibili a mettersi al servizio della comunità. 

La
ripartenza del nostro Paese affonda le sue radici in una nuova strategia
educativa alla cittadinanza globale, come raccontiamo nella Copertina di
questo numero,
in
grado di sviluppare conoscenze, capacità e valori comuni per cooperare nella
risoluzione delle sfide interconnesse del XXI secolo, ripensando insieme il
nostro modo di stare al mondo, la nostra relazione con il Pianeta Terra e con
tutti gli altri esseri viventi. Non basta limitarci a riaprire la scuola, con o
senza mascherine, con banchi tradizionali o innovativi. Si deve integrare la
scuola nel percorso educativo globale con le famiglie e con il territorio. Come dicono in Africa: “Per educare un bambino
serve un intero villaggio
”. Educare ci conduce verso il dialogo, il
confronto, la relazione.

Per
mettere gambe alla solidarietà e farla uscire dai “Trattati” o dai bei
discorsi, la “politica dei palazzi” deve ritornare a vivere nella realtà, in
prossimità alla vita quotidiana con tutti i suoi problemi e, anche, con le sue
soddisfazioni. La civiltà si costruisce con attenzione alla singola persona,
alla comunità, ai problemi di ognuno e di tutti. Per questo la ripartenza per
il dopo il Covid-19 deve vedere la forza degli “artigiani della cultura di
prossimità e di tenerezza” del Terzo Settore coinvolti direttamente, come nei giorni
tragici degli ospedali al collasso e delle lunghe file di carri funebri. È
necessario interrompere il teatrino di accuse e boicottaggi tra maggioranza e
opposizione. Tra destra e sinistra.

Dobbiamo
guardare insieme verso una stagione di cambiamento epocale e radicale,
ricucendo lo strappo generazionale con i giovani e con gli anziani, che più di
tutti hanno pagato le conseguenze della pandemia. Il principio
dell’individualismo come modello sociale si è sgretolato di fronte ad un
semplice virus, ma la barca comune non la si costruisce con i canti sui balconi
o con le dichiarazioni e i buoni propositi. È facile dimenticare alla svelta
che non siamo soli e che abbiamo bisogno degli altri.

Se vogliamo
utilizzare in maniera civile e solidale i fondi disponibili dalla nuova “Europa
solidale” chiediamo al governo italiano, a tutte le forze politiche e a tutte
le rappresentanze della società civile e delle Istituzioni, italiane ed
europee, di ricordare quanto dice papa Francesco: “Ci sono i cittadini, non ci
sono i voti. Ci sono i migranti, non ci sono le quote. Ci sono i lavoratori, non
ci sono gli indicatori economici. Ci sono i poveri, non ci sono le soglie di
povertà. Le cifre ci offrono l’alibi di un disimpegno, perché non ci toccano
mai nella carne. Il concreto della persona umana è così ridotto ad un principio
astratto, più comodo e tranquillizzante”.

Prima
che cittadini, siamo persone in relazione e come tali costruiamo comunità. La comunità è il più grande antidoto agli individualismi che
caratterizzano il nostro tempo, a quella tendenza diffusa oggi a concepirsi e a
vivere in solitudine. La libertà tanto
auspicata e ricercata, non significa vivere soli, senza alcun legame. La
solitudine invece, è solo l’inizio del nulla.

… per vedere l’intero numero https://cipsi.it/2020/08/educare-alla-cittadinanza-globale-e-uscito-il-n-4-della-rivista-solidarieta-internazionale/

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Source: Cipsi

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